lunedì 7 novembre 2011

Nel Sudmilano dilaga la “febbre” dell’edilizia Una proposta di legge per frenare l’assalto

In tutti i comuni del Sudmilano la superficie urbanizzata è cresciuta - meglio dire dilagata - dal 1950 ad oggi e quella agricola si è ridotta, ovunque senza eccezioni. In alcuni casi portando l’abitato principale ad aumentare dieci volte nel giro di mezzo secolo e lasciando attorno spazi “naturali”, anche se si tratta di agricoltura intensiva, in costante diminuzione. Lo dice il Forum Nazionale «Salviamo il paesaggio», promosso fra gli altri da Legambiente, che presenta (anche online: www.consumosuolo.org), i cruciali dati sull’utilizzo e l’occupazione dei suoli in ciascun comune della Lombardia, provincia per provincia, nessuno escluso.

Il monumentale censimento fatto di dati Ersaf e regionali (Dusaf), rielaborati dal Politecnico di Milano, conferma l’impressione di una febbre edilizia costante, che ha toccato l’apice una decina di anni fa, con la massima emigrazione in uscita dalla grande città. Resta, come “consolazione”, una tendenza peraltro tutta da interpretare al rallentamento nel periodo 2005-10, in conseguenza dell’impossibilità demografica di continuare i saldi positivi all’anagrafe. Una consolazione a metà, perché significa fallimenti d’impresa e crisi dei comuni a secco di oneri di urbanizzazione. In secondo luogo il fatto che in tutto il Sudmilano e l’alto Lodigiano - che ha valori piuttosto simili- le aree non urbanizzate restino tuttora in superiorità rispetto a quelle occupate da costruzioni artificiali: case, imprese, strade, servizi. I dati del Forum Nazionale Salviamo il Paesaggio (www.salviamoilpaesaggio.it), che confluirà nella proposta di una legge di iniziativa popolare per una pianificazione meno distruttiva del territorio, partono da rilievi aerei del 1954. Un’altra Italia, va osservato: appena uscita dalla guerra, prima del “baby boom”, fatta di contadini tanti e operai pochi. Legittimo quindi che non solo i comuni sudmilanesi fossero piccolissimi, ma che praticamente non esista alcun comune lombardo, fosse pure il più remoto, rimasto tale e quale da allora. Tuttavia la progressione dell’ “invasione” umana è in alcuni casi clamorosa. Secondo i dati Dusaf-regionali, ad esempio, Carpiano nel 1954 occupava con le case 54 ettari; oggi 258,22. L’agricolo 57 anni fa era di 1626 ettari; oggi 1434. Una situazione come quella carpianese, data la vastità del territorio (20 chilometri quadrati), non rende molto l’idea della “frenata” del mattone di cui si diceva prima, ma casi come Dresano o Colturano sotto questo aspetto sono più eloquenti. Dresano, 8,4 ettari nel ‘54, ora è 86,3. Ma nel ‘99 era già ad 80.7 ettari di urbanizzato; a Colturano si passa da un vero pugno di case e cascine (13,4 ettari) a 74,2, con il dato intermedio di 70,5 nel 1999. I “comunelli” attorno a Melegnano, nella fotografia del censimento dei suoli, raccontano tutti una storia simile: di un abitato ingrandito fra 5 e 15 volte tanto in circa sessanta anni. Cerro al Lambro passa da 28,4 a 211 ettari; Mediglia da 54 a 339; San Zenone da 21 a 170, Tribiano da 14,3 a 230. Solo San Donato e Melegnano, comunque, hanno meno verde che case (il dato è comunque condizionato dalle dimensioni assolute dei territori, nda). San Giuliano Milanese, nonostante i palazzoni, ha la più grossa fetta di Parco Sud con 2016 ettari.Fonte: Il Cittadino
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