Per Cavacurta l'ex monastero dei Padri Serviti è molto più di una bella perla in cima al poggio.
È un luogo da vivere, il centro di aggregazione dei giovani, degli anziani, delle famiglie. Perderlo significherebbe perdersi, e per impedirlo è partita in questi giorni una corsa contro il tempo e una rovina irrimediabile se non si interverrà al più presto. Il consiglio per gli affari economici della parrocchia ha valutato positivamente il progetto di restauro firmato dagli architetti Sara Comandù e Giacomo Bassi, e l'Ufficio Beni Ecclesiastici e Culturali della Parrocchia di Lodi lo ha trasmesso alla soprintendenza di Milano. Se arriverà l'ok il primo lotto dei lavori potrà partire. Servono però fondi: la gente del paese ha raggranellato qualche spicciolo ma vi è la necessità che si facciano avanti mecenati pubblici o privati. Ci spera il parroco don Pierluigi Rossi: «I fondi della parrocchia sono esigui - dice -, e visto il valore storico e culturale che il convento riveste nel territorio la speranza è che enti o privati prendano a cuore l’opera di restauro». Il salvataggio della parte con le aule per la catechesi e la segreteria parrocchiale è il più impellente, poi dovrebbero seguire il restauro del museo agricolo oggi chiuso al pubblico, dei locali sede della Polisportiva, e solo per ultimo dell'antica sala capitolare dei monaci sopra la sagrestia. Ammontare complessivo dell'investimento 450mila euro. «L'ala dell'abbazia che ospita la catechesi è in pessimo stato, con il tetto pericolante che minaccia di cadere e l'intera struttura è da risanare - prosegue il parroco -: la sua sistemazione ha una valenza pastorale per Cavacurta, perché l'oratorio è una strettoia, in paese non ci sono altre sale dove incontrarsi e per i giovani è l'unico ritrovo». Progettato per attrarre turismo e favorire il «riappropiarsi della dimensione umana e territoriale di quest'area del basso lodigiano in riva all'Adda» è poi il museo non museo già battezzato "Dal lavoro dei campi: Bonum Comedere". L'ha disegnato l'architetto Giacomo Bassi, ed é quel che di più lontano si possa immaginare da una desolata rassegna di suppellettili: raccontano certo i rastrelli, le gerle, i piccoli aratri, carretti e i mille altri attrezzi, ma in ambienti pulsanti, vivi, capaci di emanare lo stesso sapore di un tempo. Sono il "desco" dove la famiglia si riuniva per il desinare e la nicchia con il forno del pane, l'orto e il serraglio con il pollame all'aperto, i letti di gelso per il ricovero dei bachi da seta, le sale con riprodotti la coltivazione dei foraggi e dei cereali, il caseificio, la stalla. In un gioco di dentro e fuori le mura della canonica che intende illuminare quel legame profondo con la terra tenuto vivo dagli stessi Servi di Maria nel periodo della loro permanenza a Cavacurta.
Costruito nel 1400, ebbe tra i suoi ospiti anche il beato Porro
Il convento dei Padri Serviti vide la luce verso il finire del 1400, costruito sulle fondamenta di un antico castello andato distrutto. I monaci fecero il loro arrivo qui per l’esattezza nel 1466, chiamati dal parroco di allora in seguito allo scoppiare di una epidemia in paese. Non riuscendo a far fronte ai bisogni della comunità, il prelato inviò suoi uomini al convento di Sant’Anna a Piacenza, i religiosi accorsero in suo aiuto e da quel momento non lasciarono più Cavacurta. La Bolla papale di Innocenzo VII del 7 luglio 1485 consegnò poi ufficialmente la chiesa e il monastero all’ordine dei padri Servi di Maria. Il monastero constava del refettorio, la cucina, la bottiglieria e il giardino nell’ala sinistra, le celle dei frati, la foresteria, il quartiere indipendente del parroco, i quartierini per il predicatore e i superiori e, al piano di sotto, le stalle in quella a destra. All’inizio dava dimora a undici frati, ma col tempo arrivò ad ospitare cinquanta celle. In una di queste visse il beato Giovannangelo Porro, di famiglia milanese, la cui morte è datata 1506. Sulla stradicciola che conduce al cimitero, nella parte bassa di Cavacurta, una cappelletta e un carteggio testimoniano ancora oggi l’evento straordinario che segnò la vita di Porro, ovvero l’apparizione della Vergine: al posto dell’edicola si ergeva all’epoca una piccola grotta che il religioso stesso aveva fatto costruire per raccogliersi in preghiera. Le malelingue, in paese, insinuarono che si recasse laggiù per incontrare le villanelle, ma un giorno lo seguirono e videro con i loro occhi Porro inginocchiato di fronte alla Madonna. Il convento fu soppresso il 25 giugno del 1798 e i suoi beni acquistati dal conte Archinti di Milano, quindi passarono di mano in mano fino alla fondazione della parrocchia di Cavacurta che ne acquisì la proprietà. Fonte: Il Cittadino
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