martedì 21 febbraio 2012

Ospedali paralizzati, in coda per un letto

Le medicine degli ospedali “paralizzate” per la mancanza di posti letto. Non è come a Roma, dove i pazienti hanno trovato posto solo nei corridoi, ma ieri, a Codogno, c’erano 10 ammalati “appoggiati” in reparti diversi da quelli medici e 18 tra medicina e pneumologia, a Lodi. Un intero reparto se si pensa che le prime due unità contano 21 e 24 letti.
Il primario del pronto soccorso di Codogno, Maurizio Buvoli, lancia l’allarme, mentre i suoi colleghi esasperati allertano persino il sindaco della città, Vincenzo Ceretti. I medici non possono programmare gli interventi chirurgici perché i letti sono occupati dagli anziani che dovrebbero trovare posto in medicina. Per il direttore sanitario Franco Pavesi si tratta di «un’emergenza legata alla stagione e tutti devono collaborare». «A Codogno - lamenta Buvoli - l’estate di 3 anni fa avevano chiuso la medicina donne e non l’hanno più riaperta. Questi sono i risultati. Non è un problema contingente legato all’influenza. Viviamo quotidianamente una situazione drammatica. La medicina, attualmente, ha 10 malati “appoggiati” in altri reparti. Nella notte, per esempio, sono arrivati 5 pazienti e non sapevamo dove ricoverarli. Abbiamo contattato, oltre a Lodi, i presidi di Crema, Cremona, Piacenza, Melegnano, San Donato, Castelsangiovanni, Fidenza, Stradella, il San Matteo di Pavia e Oglio Po, senza trovare un posto. Sono tutti pazienti anziani, con polmoniti, pluripatologie, insufficienze respiratorie. È così quasi tutti i giorni. Stiamo parlando di pazienti fragili che dovrebbero essere in cima alle priorità. C’è una “processione” di ammalati in arrivo anche dalle case di riposo. Ci sono persone che soggiornano tra le 24 e le 30 ore in pronto soccorso, in attesa di un letto. Non è accettabile. Una settimana fa ho mandato una lettera alla direzione, per stimolare un intervento. È diventato impossibile anche il ricovero in Ram (rapida accoglienza, ndr). Spesso trasferiamo i pazienti a Cremona e in altri ospedali, ma non si verifica mai il contrario». Difficoltà si registrano anche nel reperire, nell’immediato, le ambulanze per dimettere i pazienti, mandarli a Lodi per consulenze o trasferirli in altri ospedali. «A volte - spiega Buvoli - arrivano 5 ore dopo perché sono impegnati con i dializzati. Il problema più grosso però resta quello di allettare i malati che ne hanno bisogno. Non si riesce a garantire la qualità tanto citata». Il sindaco Ceretti promette che «approfondirà il problema direttamente con l’ospedale». Per liberare posti, la direzione ha bloccato, a Lodi, 10 posti in chirurgia. «In attesa che l’ondata invernale passi abbiamo preso questo provvedimento - dice il capodipartimento Ettore Cunietti -, la Regione ci ha fatto chiudere i posti e non possiamo fare miracoli. È cambiata la popolazione da ricoverare, spesso non si riescono a dimettere i pazienti perché a casa non hanno un posto e l’Asl non ci ha confermato i 4 posti per le dimissioni nelle case di riposo. Siamo in difficoltà, ma non come a Roma». In tutta Italia, in 10 anni, sono stati tagliati 45mila posti letto. «Gli anziani sono sempre di più - commenta il direttore sanitario Pavesi -. Nel 2011 l’indice di saturazione delle medicine era del 94,7 per cento, quello delle chirurgie del 78,70. È ovvio che ricoveriamo i pazienti dove c’è posto. Non possiamo di certo mandarli a casa. La situazione è generalizzata. L’ho detto anche ai medici che dobbiamo fare uno sforzo, in questo momento. I chirurghi non possono difendere i loro posti con la spada. Non va bene. C’è un’urgenza ed è questa, chi non è urgente deve aspettare un po’ di più. Dobbiamo lavorare sulle dimissioni e sull’appropriatezza». Il presidente dell’ordine dei medici Massimo Vajani ha già in mente di contattare il primario del Pronto soccorso di Lodi Pierdante Piccioni per affrontare la problematica.Fonte: Il Cittadino
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