Interviene l’ente di tutela milanese: «La soprintendenza aveva chiesto di mantenere i muri perimetrali«. Il sindaco: «Scelta nostra».Italia Nostra contro l’abbattimento dell’edificio in Largo Crocetta.
«Lo storico stabile di largo Crocetta? Demolito seppure la soprintendenza avesse suggerito di mantenere almeno i muri perimetrali. Ma ora vogliamo che il nucleo urbano del Borgo sia tutelato». Ad affermarlo è Luca Carra, presidente milanese di Italia nostra, e l’edificio abbattuto nel cuore del Borgo torna a far parlare di sè. Stiamo parlando del caseggiato compreso tra largo Crocetta e via San Martino, al cui posto sorgeranno nuovi complessi residenziali, attività commerciali e box interrati. Sin da subito, però, la decisione di demolirlo è stata osteggiata da Rifondazione comunista e dalle associazioni ambientaliste del Sudmilano. Sta di fatto che, dopo il via libero definitivo della giunta comunale, nella prima decade di gennaio hanno preso il via i lavori per l’abbattimento dello stabile abbandonato. Ora però, ad intervento ormai ultimato, ecco l’ennesimo colpo di scena. Perché proprio in questi giorni Italia nostra, associazione ambientalista del territorio, ha inviato una lettera alla soprintendenza milanese. «Nulla si è salvato del complesso di largo Crocetta - attacca il presidente Carra nella lettera, recapitata anche all’assessore regionale al territorio Davide Boni e a Pietro Mezzi, ex sindaco di Melegnano ed oggi assessore provinciale al territorio -. Non si è salvato l’affresco con la grande crocifissione, e non si sono salvati neppure i muri perimetrali ancora in buono stato di conservazione, che una lettera della soprintendenza datata 18 novembre aveva invece suggerito di mantenere». Pur non vincolando l’edificio, con una lettera inviata a palazzo Broletto nella seconda decade di novembre, la soprintendenza aveva invitato l’amministrazione «a valutare l’opportunità di concordare un piano di recupero che eviti la cancellazione almeno della parte anteriore sulla strada». «Eppure - incalza Carra nella lettera -, dei suggerimenti della soprintendenza al comune, compreso quello che si evitassero rialzi di quota, palazzo Broletto non ha fatto alcun cenno all’opinione pubblica, limitandosi a riferire che l’immobile non era sottoposto a tutela». Ma ora Carra alza la voce: «A questo punto, quindi - sono le sue parole -, chiediamo alla soprintendenza di fare tutto il possibile affinché sia tutelato l’intero nucleo urbano del Borgo e, nello specifico, che si abbandoni il progetto approvato per ricostruire almeno il fronte strada con gli allineamenti e le forme che aveva in precedenza, con i propri profili, e pendenze del tetto, senza rialzi di quota. Evitando torri similmedievali come quelle prospettate, del tutto fuori luogo, attici con terrazzi, portici e balconcini sul lato di via San Martino. L’obiettivo - conclude - è di rispettare l’organizzazione settecentesca di quella zona, già ben connotata nelle carte del catasto teresiano». Sulla vicenda prende posizione il sindaco di Melegnano Vito Bellomo. «Con la sua lettera del 18 novembre - commenta Bellomo - la soprintendenza ha affermato che non sono ravvisabili gli estremi di interesse particolarmente importante, idonei a motivare l’avvio di un eventuale procedimento di vincolo storico-artistico». Quanto invece ai suggerimenti giunti dalla soprintendenza, la mia amministrazione ha ritenuto di non recepirli, come del resto era nel suo diritto. Del resto, il testo di metà novembre era molto simile a quello recapitato a marzo 2008 a Tommaso Rossi, capogruppo consiliare di Rifondazione comunista. Perciò, queste polemiche mi sembrano del tutto strumentali. Cambiare il piano di recupero nella parte su via San Martino? Non ne vedo il motivo, dal momento che abbiamo agito nella piena legalità e con i pareri positivi di tutti gli enti competenti. I lavori di scavo, comunque - rivela -, saranno verificati da un archeologo, come richiesto dalla soprintendenza. Ad ogni modo, prendo atto che associazioni apparentemente apolitiche fanno invece politica attiva. E questo lo considero a dir poco inaccettabile. Anche perchè - ribadisce Bellomo - Italia nostra non mi ha mai consultato per chiedere chiarimenti sulla questione».
Fonte: Il Cittadino
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