L'origine del suo toponimo pare si debba porre in relazione con la vicinanza del fiume Po, che, anticamente, giungeva quasi a lambire lo sperone sul quale tuttora sorge il castello. Dalla contrazione di "ad flumen Padum", sarebbe infatti derivato "Flumpum" o "Flumpo", poi Fombio.Anticamente ebbe una diversa denominazione, "Anfengo" nome di desinenza longobarda.Notizie su Fombio sono narrate dall'Agnelli, dal Corio e dal Goldaniga.Liutprando , re dei longobardi, che nel 723 aveva fondato a Pavia il celebre monastero di San Pietro in Ciel d'Oro, cedette a questo molti beni, fra cui Fombio.La prima chiesa di Fombio, dedicata a San Colombano, era fabbricata, secondo il Goldaniga, fuori dell'abitato, in una località tra San Fiorano e Retegno.Nel 1027, l'imperatore Corrado, confermò al monastero pavese, il castello, con il territorio e le chiese di Fombio; nel 1033, riconfermò i relativi beni.Il luogo di "Flumpo", è accennato tra le proprietà vescovili in un documento del 1164, con il quale l'imperatore Federico Barbarossa prende sotto la sua protezione Alberico, vescovo di Lodi, e la chiesa lodigiana.L'anno 1225 segna la fine della dipendenza di Fombio dal monastero di San Pietro in Ciel d'Oro. Per risollevare le sorti finanziarie del monastero , Papa Gregorio IX indusse il vescovo di Piacenza di occuparsi della vendita di una delle proprietà annesse. Il vescovo, che ambiva ad estendere la propria giurisdizione al di là del Po, trovò subito un acquirente nel comune della propria città; così Fombio venne separato dalla diocesi di Lodi, e ceduto, con il castello, i terreni, le acque, i boschi, i diritti di caccia e di pesca e i vassalli al comune di Piacenza, e precisamente al Podestà Guido Landriano.Per la sua particolare posizione di confine, il territorio di Fombio fu spesso causa di controversie fra Piacenza e Lodi, soprattutto per l'attraversamento del fiume Lambro, al quale i lodigiani si opponevano. A quell'epoca esso sfociava nel Po, sette chilometri a valle di Piacenza; la vertenza giudiziaria si concluse con lo spostamento della foce più a monte di Piacenza, ossia nel luogo di Corte S. Andrea.Nel 1299, Alberto Scotti, signore di Piacenza, fu investito dal Comune, della proprietà di Fombio: uno degli obblighi del infeudato era che dovesse erigere un castello, dove potessero trovare ricovero gli abitanti in caso di guerra. Il castello costruito dallo Scotti, è quello che, in buona parte, esiste tuttora e che domina la pianura verso Piacenza.Un precedente castello, noto come il "castellazzo",sorgeva invece a nord del paese; di esso restano solo dei ruderi presso un cascinale verso Codogno.Il castello di Fombio, fu testimone di molte vicende belliche, nel quadro delle lotte fra guelfi e ghibellini. Nel 1314, Galeazzo Visconti, signore di Piacenza, temendo che la città venisse presa dai guelfi stanziati a Fombio, si impossessò della rocca con parte del suo esercito, la incendiò e fece prigionieri gli abitanti.Nel corso del 1500 gli Scotti furono più volte in disaccordo anche con i milanesi Trivulzio, conti di Retegno. A pochissima distanza l'uno dall'altro i due feudi di Fombio e di Retegno vissero travagliate vicende, in un continuo susseguirsi di interferenze, di sgarbi e di ripicche reciproche. Anche durante i secoli XVII e XVIII la rocca di Fombio fu protagonista di azioni guerresche. Guardamiglio e Fombio costituirono i campi di battaglia per i primi combattimenti delle forze repubblicane francesi contro gli austriaci in Lombardia.Nel 1797, essendo proclamata la Repubblica Cisalpina, Fombio e tutti gli altri comuni posti sulla sinistra del Po furono uniti al lodigiano. La parrocchia però rimase alla diocesi di Piacenza fino al 1819, dopo di che entrò anch'essa a far parte del territorio lodigiano.Importante in Fombio la frazione di Retegno, che appartenne ai Trivulzio.Retegno vanta una propria storia di comunità autonoma. L'origine del suo nome sarebbe da collegarsi all'usanza dei pescatori del luogo di stendere una gran quantità di reti ad asciugare al sole. Il promontorio da essi abitato sorgeva sulle rive del lago Barilli o Lambrello, ed era circondato da vaste paludi, che isolavano e difendevano naturalmente il luogo, tanto da farne il rifugio preferito di banditi e malviventi provenienti da altre terre, che si nascondevano fra gli originari e pacifici pescatori.
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