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domenica 7 settembre 2014

Greenpeace: rifiuti elettronici in crescita. Pesano quanto 11 piramidi

Un rapporto dell'associazione ambientalista denuncia l'aumento del consumo di gadget elettronici. Obiettivo: mitigare l'impatto ambientale e sanitario usando più energia pulita e recuperando i materiali.

ROMA - Se li caricassimo su camion da 40 tonnellate, formerebbero una fila lunga tre quarti dell'equatore. E' la fotografia al 2017 dei computer, palmari, televisori, frigoriferi e lavatrici che buttiamo nel corso di un anno. La definizione tecnica di questi materiali è "raee, rifiuti da apparecchiature elettriche ed elettroniche", quella sostanziale è più difficile: per molti rappresentano un peso di cui liberarsi clandestinamente, spesso attraverso rotte che viaggiano da Nord a Sud seminando veleni; per altri costituiscono una risorsa preziosa perché recuperare i metalli preziosi e le terre rare contenuti nei beni gettati via può essere un buon affare.

 Di sicuro questa nuova categoria di rifiuti costituisce una presenza sempre più ingombrante con cui bisogna fare i conti. I numeri sono contenuti in uno studio di Greenpeace ("Green gadget: designing the future") che rilancia un'analisi tracciata l'anno scorso dalle Nazioni Unite nel rapporto Solving the E-Waste Problem (StEP). Già oggi ognuno degli oltre 7 miliardi di esseri umani che popolano il pianeta butta più  di 7 chili di rifiuti elettrici ed elettronici all'anno. Nei prossimi anni ci sarà una crescita molto significativa che porterà il totale a 65,4 milioni di tonnellate: l'equivalente di 200 grattacieli come l'Empire State Buildings o di 11 piramidi di Giza.

Non è però una condanna inappellabile. "C'è una crescente domanda di gadget più green, più duraturi, e l'industria ha dimostrato che un miglioramento è possibile", si legge nel rapporto di Greenpeace. "Quando le aziende mettono a frutto il loro know how e lo uniscono a uno spirito innovativo, può arrivare un cambiamento che riguarda l'efficienza e la capacità di riciclo delle sostanze pericolose contenute nell'e-waste".

Ma tra questa potenzialità e la realtà c'è ancora molta distanza. I problemi vanno dalla grande quantità di energia proveniente da fonti ad alto impatto ambientale che viene usata soprattutto in Asia allo smaltimento  -  spesso illegale  -  di importanti quantità di rifiuti elettrici ed elettronici. La soluzione, propone l'associazione ambientalista, è ripensare l'intero ciclo di produzione di telefoni, computer, tv in modo da ridurre la crescita dei consumi e aumentare il recupero dei materiali utilizzati. Fonte: La repubblica.it

martedì 29 ottobre 2013

Greenpeace, i genitori dell'italiano: "Non spegnete la luce sugli attivisti"

ROMA - Una conferenza stampa per "non spegnere le luci" sul caso degli attivisti Greenpeace detenuti da 37 giorni nel carcere di Murmansk in seguito a una protesta pacifica nell'Artico. Presenti Ivan Novelli, presidente di Greenpeace Italia e i genitori di Cristian, reduci da un incontro al Quirinale con il consigliere diplomatico del presidente Napolitano, l'ambasciatore Antonio Zanardi Landi. "Al presidente del Consiglio Enrico Letta - hanno detto - chiediamo un passo diretto per Cristian. Letta deve fare un atto concreto e seguire l'esempio della Merkel che ha telefonato a Putin".

"Siamo riusciti a parlare al telefono con Cristian solo una volta", ha detto Aristide D'Alessandro, padre del ragazzo napoletano, per poi raccontare che ogni attivista possiede una scheda telefonica, ma perché possa rispondere è necessario che la chiamata venga autorizzata dalle autorità. Dell'incontro con Zanardi Landi ha riferito che "ci hanno assicurato che si sta facendo tutto il possibile, ma le attività sono coperte da stretto riserbo".  La madre di Cristian, Raffaella Ruggiero, ha poi parlato delle precarie condizioni di salute del figlio: "Quello che ci preoccupa sono le condizioni in cui è detenuto nostro figlio, che ha già perso molti chili". Infine si è appellata all'umanità del presidente Vladimir Putin: "Mi rivolgo a lui soprattutto in quanto padre e persona di buon senso, che possa trattare questi ragazzi appunto come un padre e compiendo un atto di clemenza". "L'aspetto politico non sono in grado di giudicarlo, ma so che il presidente si era schierato subito dalla loro parte ed è stato il primo a dire che non erano pirati". Quindi, ha concluso, "è possibile che adesso si esprima anche sull'accusa di vandalismo, me lo auguro".

Novelli ha poi voluto ringraziare in modo "non formale il ministro Bonino e il suo staff" in Italia e in Russia. "Ora - ha rimarcato il presidente di Greenpeace Italia - la data chiave sarà il 24 novembre, quando scadrà la carcerazione preventiva degli attivisti. Due giorni dopo ci sarà il vertice Ue-Russia e ci auguriamo che allora il problema sia stato risolto", ribadendo come l'accusa di vandalismo che pende sugli attivisti sia "senza fondamento e diffamante per Greenpeace".

Pochi giorni fa il tribunale russo di Murmansk ha fatto decadere l'accusa di pirateria e l'ha commutata in vandalismo, un reato minore, ma punibile ugualmente con fino 7 anni di reclusione (rispetto ai 15 per l'altro crimine). "Se - ha spiegato Novelli - questa derubricazione venisse confermata non andrebbe comunque bene: infatti nella nostra storia non siamo mai stati accusati di un reato come il vandalismo. Motivo per il quale abbiamo fatto sottoscrivere il nostro appello per la liberazione dei trenta attivisti anche ad alcuni parlamentari italiani. La nostra mobilitazione internazionale continuerà".

"Sono già 67 - ha detto Ermete Realacci, presidente della commissione Ambiente della Camera - i parlamentari che hanno aderito alla campagna #freethearctic30, sottoscrivendo l'appello dell'associazione alla Russia per chiedere il rilascio immediato di tutti gli attivisti dell'Arctic Sunrise e di fermare le trivellazioni petrolifere nell'artico. Tra le firme, che ho consegnato oggi a Greenpeace e che arrivano da i gruppi di Pd, Sel, M5s, Sc e Misto, ci sono anche quelle dei due vicepresidenti di Camera e Senato Valeria Fedeli e Roberto Giachetti".Fonte: La Repubblica

giovedì 17 ottobre 2013

Greenpeace: 11 premi Nobel a Putin, attivisti non sono pirati

 

Lettera congiunta al presidente russo

ROMA - Undici Premi Nobel per la pace hanno scritto una lettera congiunta al Presidente russo Vladimir Putin per chiedergli di far cadere l'accusa di pirateria nei confronti dei 28 attivisti di Greenpeace e i due giornalisti freelance trattenuti dal 19 settembre scorso dalle autorità russe per la manifestazione contro la piattaforma petrolifera della Gazprom. Lo rende noto Greenpeace. Greenpeace precisa che nella lettera i premi Nobel chiedono a Putin "di fare tutto il possibile", e che "ogni accusa contestata trovi riscontro nel diritto internazionale e nella legge russa".
Descrivendo l'Artico come "tesoro prezioso dell'Umanità", i firmatari sostengono gli sforzi per proteggere questa regione dallo sfruttamento petrolifero e dal cambiamento climatico. "Le trivellazioni petrolifere nell'Artico - scrivono - sono un'impresa ad alto rischio. Una fuoriuscita di petrolio in queste acque avrebbe un impatto catastrofico su uno degli ultimi ambienti integri del Pianeta, sulle comunità che vi abitano e su specie animali già minacciate d'estinzione. I rischi di simili incidenti ci sono sempre e i piani di risposta dell'industria petrolifera sono totalmente inadeguati. I cambiamenti climatici ci minacciano tutti, ma sono i più vulnerabili del Pianeta che pagheranno i costi maggiori se i Paesi più sviluppati non agiscono ora".

Greenpeace fa anche sapere che sono ormai quasi 1,5 milioni le firme della petizione rivolta alle ambasciate russe per richiedere il rilascio degli attivisti, tra i quali c'è anche l'italiano Cristian D'Alessandro.

Gli 11 premi Nobel sono l'arcivescovo sudafricano Desmond Tutu, la guatelmateca Rigoberta Menchu, l'ex presidente del Costa Rica Oscar Arias Sanchez, le pacifiste nordirlandesi Betty Williams e Mairead Maguire, la pacifista statunitense Jody Williams, la liberiana Leymah Gbowee, la yemenita Tawakkol Karman, l'avvocato e pacifista iraniana Shirin Ebadi, l'ex presidente di Timor Est Jose Ramos Horta e l'argentino Adolpho Perez Esquivel.
Greenpeace: appello Nobel a Putin, "indirizzo sbagliato"
Greenpeace: appello Nobel a Putin; Russia, 'indirizzo sbagliato'
I premi Nobel che oggi hanno scritto al presidente russo Vladimir Putin un appello a favore degli attivisti di Greenpeace detenuti in Russia, hanno scelto "l'indirizzo sbagliato", poiché non è il Cremlino a decidere l'indagine. Lo ha detto all'agenzia Ria Novosti Dmitri Peskov, portavoce del capo di Stato russo. Putin "ha un enorme rispetto per i premi Nobel e si riferisce alla loro opinione sempre con grande attenzione. Ma in questo caso", ha detto Peskov commentando la lettera con cui gli 11 Nobel per la Pace chiedono a Putin la revoca delle accuse per i militanti della Arctic Sunrise che il 19 settembre hanno tentato l'assalto alla piattaforma Gazprom, "stiamo parlando di una situazione in cui il presidente non è il corretto destinatario".

Il portavoce ha sottolineato che il presidente non ha sollevato né può rimuovere le accuse: "Lo stanno facendo le autorità inquirenti, e tutti dovremmo aspettare la fine delle indagini e il verdetto della corte e della legge".Fonte: Ansa

martedì 16 luglio 2013

Svizzera, radioattività nel lago di Biel. "Acqua contaminata dalla centrale nucleare"


Il Lago di Biel

BERNA - Allarme in Svizzera per la scoperta di una sostanza radioattiva, il cesio 137, sul fondo del lago Biel, nel cantone di Berna. Nelle vicinanze del bacino lacustre, che con la sua acqua fornisce il 68% dell'omonima cittadina, sorge la centrale nucleare di Muehleberg. La denuncia è stata pubblicata in prima pagina sull'edizione odierna del quotidiano Le Matin Dimanche.

PICCO DI CESIO 137 -
Nonostante  gli scienziati sostengano che non c'è alcun rischio per la vita umana, la scoperta alimenta i timori sulle misure di sicurezza dell'impianto nella Svizzera nordoccidentale. Si ritiene che la centrale abbia causato un picco di cesio 137 (isotopo radioattivo sottoprodotto della fissione nucleare delle centrali), quando nel 2000 venne sversata acqua contaminata nel fiume Aar che alimenta il lago Biel.

CONTROLLI POCO TRASPARENTI - Secondo Le Matin, la centrale di Muehleberg è autorizzata a sversare acqua con livelli molto bassi di radioattività sotto stretto controllo diverse volte l'anno. Il problema però è che tutto ciò avviene nel più totale segreto. Politici e ambientalisti hanno denunciato che gli ispettori non hanno mai fornito alcuna informazione sulla presenza di cesio 137 nelle acque. Mentre Greenpeace ha chiesto alla magistratura di Berna di aprire un'indagine.

La centrale di Muehleberg, attiva da 1972, è a 17 km dalla stessa capitale Berna. Dopo il disastro di Fukushima la confederazione elvetica ha deciso di procedere al progressivo spegnimento dei suoi 5 impianti entro il 2034.  Fonte: La Repubblica.it

martedì 10 aprile 2012

Gli ecologisti anti-saccheggio "Basta depredare il mare d'Africa"

Gli accordi commerciali fra grandi compagnie europee e governi locali danneggiano le comunità costiere. E i pescatori si lamentano perché non riescono più a sopravvivere: "Per noi ogni giorno è più difficile". Gli ambientalisti: "Anche se legali, gli accordi per le quote di pesca non sono sostenibili"- Al largo della Mauritania - La ricchezza dell'Africa scintilla al sole per l'ultima volta, brulica di vita ancora un attimo, poi viene risucchiata veloce in un tubo nero e trasferita sul ponte della "Sirius", arrivata fin nelle acque della Mauritania dal porto polacco di Gdynia.

sabato 15 ottobre 2011

 

Greenpeace vara nuova 'guerriera' mari

Greenpeace vara la nuova 'guerriera' dei mari, la Rainbow Warrior III. Nei cantieri navali di Fassmer a Brema, in Germania, l'ammiraglia consentirà all'associazione ambientalista di essere in prima linea per combattere e testimoniare i crimini contro il Pianeta. In Italia la nave arriverà il 14 e 15 dicembre al porto di Genova (nel corso di un tour europeo per ringraziare tutti coloro che hanno effettuato donazioni per la sua realizzazione, attraverso il sito internet) dove sarà possibile visitarla e conoscere meglio le sue caratteristiche e il suo equipaggio. La prima rotta sarà verso l'Amazzonia per iniziare le campagne dell'associazione. All'interno trovano spazio le più moderne tecnologie di comunicazione, una piattaforma per gli elicotteri a poppa e due scialuppe di salvataggio. Per tenere al minimo il consumo di carburanti, e farne un mezzo di trasporto verde e sostenibile, é dotata di un rivoluzionario sistema di alberatura che sorregge 1.260 metri quadrati di vele. "La nuova Rainbow - ha commentato Kumi Naidoo, direttore esecutivo di Greenpeace international - é la nave perfetta per andare incontro alla 'tempesta perfetta' di sfide e minacce ambientali, finanziarie e di democrazia". Le storiche imprese di Greenpeace si devono proprio a queste navi come la lotta per salvare le balene, impedire lo sversamento in mare di rifiuti tossici e radioattivi e il trasporto di legname illegale. Fonte: Ansa

venerdì 14 ottobre 2011

FUKUSHIMA: "Tokyo, radioattività altissima". Greenpeace lancia l'allarme

 
Rilevati valori di 3,35 microsievert nel quartiere di Setagaya e di 5,82  in un parco per bambini in Funabashi. L'organizzazione ambientalista avvisa: "Situazione più grave di quanto comunicato". Ma le autorità negano relazioni con l'incidente della centrale nucleare.

TOKYO - Allarme da Greenpeace sulla diffusione di radiazioni nell'area della capitale giapponese. Alti livelli di radioattività sono stati registrati a Tokyo e nella vicina prefettura di Chiba, entrambe a più di 200 chilometri dalla centrale di Fukushima distrutta da uno tsunami a marzo. Alcune misurazioni rivelano livelli di contaminazione addirittura superiori a quelli registrati nella zona di evacuazione intorno alla centrale. I dati. Greenpeace precisa che le autorità locali hanno comunicato che durante un'ispezione sono stati misurati livelli di radioattività di 3,35 microsievert l'ora lungo una strada residenziale del quartiere di Setagaya e di 5,82 microsievert l'ora in un parco per bambini in Funabashi, nella prefettura di Chiba. "Questi nuovi test mostrano che la dispersione del materiale radioattivo fuoriuscito dalla centrale di Fukushima è più ampia e più grave di quanto si pensasse - commenta Salvatore Barbera, responsabile della campagna nucleare di Greenpeace Italia - il fatto che le autorità locali stiano cercando di decontaminare la zona usando idranti ad alta pressione, disperdendo ancor più il materiale radioattivo invece di rimuoverlo, è il segno che non hanno ricevuto il necessario supporto dal governo centrale e che stanno operando senza seguire le normali linee guida in caso di contaminazione nucleare".  Greenpeace aggiunge di ritenere "assurda" l'intenzione del primo ministro Noda di far ripartire i reattori nucleari prima che venga completata l'investigazione sulle cause e le conseguenze della triplice fusione del nocciolo avvenuta sette mesi fa nella centrale di Fukushima. Le autorità: nessuna relazione con Fukushima. Ma secondo il governo giapponese, gli alti livelli di radioattività registrati a Tokyo non possono essere messi in relazione con l'incidente di Fukushima. Secondo il ministro della Scienza, le radiazioni sono state provocate da materiale conservato nel seminterrato di un appartamento. I residenti, ha aggiunto il ministro, sono stati informati che non c'è alcuna minaccia per la loro salute.Fonte: La Repubblica.it

giovedì 15 settembre 2011

Greenpeace festeggia i 40 anni di attività

Greenpeace si prepara a soffiare sulle candeline. L'associazione non governativa ambientalista e pacifista, fondata a Vancouver, compirà domani 40 anni. Era il 15 settembre 1971 quando, in piena guerra fredda, un gruppo di attivisti decise di opporsi ai test nucleari programmati dagli Stati Uniti in Alaska facendo rotta sull'isola di Amchitka a bordo di un vecchio peschereccio, il Phyllis Cormack. La nave venne fermata prima di giungere a destinazione, ma il movimento di opinione creatosi a seguito di questa azione spettacolare portò alla sospensione dei test nucleari. Da quella vittoria è nata Greenpeace, che oggi conta 27 uffici in 41 Paesi, tre milioni e mezzo di sostenitori e circa undici milioni di attivisti online che diffondono le sue campagne attraverso il web e i social media. "Quello che 40 anni fa ha mosso i primi attivisti era la consapevolezza che il mondo avesse bisogno di un movimento ambientalista e pacifista che parlasse direttamente alle persone per ispirarle ad agire", spiega Giuseppe Onufrio, direttore esecutivo di Greenpeace Italia. "Dopo quattro decenni rimaniamo fedeli all'idea che la nostra missione è quella di testimoniare e denunciare in maniera indipendente e diretta i crimini ambientali commessi dai governi e dalle multinazionali, per dare voce al Pianeta che non ne ha".Fonte:Ansa.it

martedì 29 marzo 2011

Giappone: possibile fuoriuscita plutonio - Greenpeace lancia l'allarme: evacuare l'area. Il governo bacchetta la Tepco

OSAKA - Il governo giapponese valuta come ''possibile'' la fuoriuscita di plutonio dalla centrale nucleare di Fukushima. Lo ha detto il capo di gabinetto, Yukio Edano, in una conferenza stampa appena conclusa, secondo cui ''ci saranno piu' controlli anche nelle aree intorno all'impianto''. Al momento, ha aggiunto Edano, si tratta di bassi livelli di plutonio, indicando tuttavia di fatto nuovi pericoli per i tecnici impegnati alla messa in sicurezza di Fukushima e altri dubbi in materia di sanita' pubblica. Il capo di gabinetto ha spiegato che i 5 campioni presi dalla Tepco indicano che non ci sono rischi immediati. Quanto all'acqua fortemente tossica, il reattore n.2 e' ritenuto essere nella condizione piu' pericolosa:: la radioattivita' e' di 1.000 millisievert/ora, pari a quattro volte il livello massimo di esposizione annuale cui puo' essere esposto un lavoratore in condizioni d'emergenza. L'acqua che viene iniettata nel reattori e' stata ridotta per allentare lo sforzo sui serbatoi e, quindi, limitare le perdita: tutto questo, ha concluso Edano, ha portato all'aumento della temperatura. Il raffreddamento del combustibile ha tuttavia precedenza sui problemi della fuoriuscita di liquido.Fonte: Ansa.it

domenica 27 marzo 2011

Greenpeace: «A Fukushima radioattività pari a Chernobyl»

Uno studio commissionato dalla sezione tedesca di Greenpeace a Helmut Hirsch, esperto di sicurezza nucleare, sostiene che l'incidente alla centrale giapponese di Fukushima «ha già rilasciato un tale livello di radioattività da essere classificato di livello 7, secondo l'International Nuclear Event Scale (Ines)». È il livello massimo di gravità per gli incidenti nucleari, raggiunto in precedenza solo durante l'incidente a Chernobyl del 1986.  Lo comunica Greenpeace, secondo cui «lo studio del Dr. Hirsch, che si basa sui dati pubblicati dall'Agenzia Governativa Francese per la Protezione da Radiazioni (Irsn) e dall'Istituto Centrale di Meteorologia Austriaco (Zamg), ha rilevato che la quantità totale di radionuclidi di iodio-131 e cesio-137, rilasciata a Fukushima tra l'11 e il 13 marzo 2011, equivale al triplo del valore minimo per classificare un incidente come livello 7 nella scala Ines».  Greenpeace ha inviato in Giappone un gruppo di esperti che da oggi inizieranno a monitorare i livelli di contaminazione radioattiva intorno alla zona di evacuazione per valutare la reale portata di rischio per la popolazione locale. «Fin dall'inizio della crisi nucleare a Fukushima, sembra che le autorità stiano sottovalutando sia i rischi che l'estensione della contaminazione radioattiva. Siamo venuti qui a Fukushima per fare un'analisi trasparente e indipendente sulla reale contaminazione radioattiva dell'area e sui rischi per la salute pubblica» afferma Jan van de Putte, team leader di Greenpeace e consulente in sicurezza radioattività. «Sommando i rilasci di radiazione da tutti i reattori dell'impianto di Fukushima-daiichi, è ovvio che si è raggiunto il livello 7 nella scala Ines. È probabile che la quantità totale di radiazione equivale al triplo del valore minimo per classificare un incidente come livello 7. Il rilascio di radioattività, infatti, è 100.000 TBq (TeraBequerel) per ogni reattore, dunque si tratta di tre incidenti di scala 7». Fonte: L'Unità.it

giovedì 20 gennaio 2011

Nucleare, niente arrembaggi Greenpeace ora usa l'ironia.

ROMA - La fionda di Davide è caricata a ironia. Greenpeace ha deciso di replicare alla massiccia campagna a sostegno del ritorno al nucleare con uno spot che punta tutto sul sarcasmo. Il filmato, che Repubblica vi offre in anteprima, è stato realizzato in economia e non passerà sui grandi circuiti mediatici. "Non abbiamo le risorse necessarie per acquistare spazi pubblicitari dai prezzi proibitivi, ma volevamo comunque replicare a quella che ci è apparsa una comunicazione fortemente scorretta", spiega il direttore esecutivo di Greenpeace Italia Giuseppe Onufrio. 



Il riferimento è agli spot 3e alle inserzioni a cura del Forum Nucleare Italiano che nelle settimane scorse hanno affollato televisioni e stampa nazionale. Una campagna che l'associazione ambientalista ritiene scorretta sia nella forma che nei contenuti. "L'azionista di maggioranza del Forum - spiega il responsabile della comunicazione Andrea Pinchera - è l'Enel, i soldi utilizzati per promuovere il ritorno dell'atomo sono quindi in gran parte soldi pubblici che arrivano dalle tasche dei contribuenti". "Gli spot - aggiunge Onufrio - sono poi mistificatori perché con un tono apparentemente equidistante spacciano delle opinioni per informazioni, in particolare quelle riferite alla possibilità di gestire senza problemi le scorie, una questione della quale si parla in realtà dagli anni '70 senza che si sia ancora riusciti a trovare una soluzione definitiva". Il filmato di Greenpeace si sforza quindi di smontare queste certezze a colpi di ironia. "E' giocato tutto sul paradosso tra il tono suadente dello speaker e il contenuto", precisa ancora Onufrio.  Oltre al nodo scorie gli altri aspetti della promozione filonucleare presi di mira sono i costi, i rischi legati a una possibile minaccia terroristica e la difficoltà di trovare siti adatti a ospitare le centrali. "Altri aspetti della pubblicità del Forum Nucleare che trovo mistificatori - dice Onufrio - è il voler ritrarre l'uranio come una fonte priva di problemi di approviggionamento, mentre si tratta di una risorsa finita proprio come quelle fossili, e il voler presentare le rinnovabili come incapaci di andare oltre la dimensione di nicchia. Non è così: in Spagna già lo scorso anno oltre il 16% dell'elettricità è stata prodotta dal vento 4 e studi anche di provenienza istituzionale e industriale intravedono la possibilità di un futuro non troppo remoto con le energie verdi in grado di soddisfare il 100% dei consumi".Fonte: La Repubblica.it

sabato 27 novembre 2010

Greenpeace: SOS foreste,linee guida ad aziende carta - Mondadori aderisce. E' scontro tra marchi certificati

ROMA - Evitare la distruzione delle foreste primarie e' possibile. E' la sfida lanciata da Greenpeace alle principali aziende del settore cartario italiano in occasione della prima Greenpeace Business Conference a Milano. Secondo i dati diffusi da Greenpeace, in Indonesia sono gia' stati distrutti 2,7 milioni di ettari di foreste solo per la produzione di polpa di cellulosa e piu di 5 milioni di ettari sono pianificati. Negli ultimi due anni, inoltre, ''la multinazionale indonesiana Asia Pulp and Paper (App) ha esportato piu' di 300.000 tonnellate di cellulosa, utilizzate per produrre 4,3 milioni di tonnellate di prodotti da stampa ed editoriali made in Cina. Parte di questi prodotti erano destinati all'Italia''. Ecco quindi le linee guida: no a prodotti che derivano da operazioni forestali controverse; obbligo da parte dei fornitori di dichiarare l'origine delle fibre; riduzione della domanda di fibre vergini e quindi la scelta per un prodotto che contenga i massimo di fibre riciclate post-consumo. Ad aderire all'iniziativa anche Mondadori. ''Una scelta - ha detto Riccardo Cavallero, direttore generale Libri Trade del Gruppo Mondadori - che ci consente di offrire anche ai lettori un'opportunita' concreta di acquisto consapevole''. ''Ci auguriamo - ha affermato Chiara Campione, responsabile Greenpeace della campagna Foreste - che percorsi simili riusciranno in tempi brevi a garantire di non distruggere un pezzo di foresta ogni volta che acquistiamo un libro''. Tra gli strumenti messi a punto da Greenpeace per l'obiettivo 'deforestazione zero' c'e' anche la guida Foreste a Rotoli nell'ambito della quale la Coop ha fatto risparmiare l' abbattimento di 150.000 alberi in un anno e la classifica degli editori Salvaforeste. Ma sulla eco-carta arriva anche uno scontro tra marchi: Greenpeace ha ricevuto critiche da parte della certificazione Pefc (Programme for Endorsement of Forest Certification schemes) per un gioco di marketing ma Greenpeace ritiene invece che la Fsc (Forest Stewardship Council) ''e' l'unica certificazione che fornisca garanzie su altissimi livelli di sostenibilita' per i prodotti di origine forestale''. (ANSA).

mercoledì 11 agosto 2010

"Nucleare pericoloso, la Russia insegna" - Parla il direttore di Greenpeace: "Il fuoco non minaccia solo le centrali, ma anche gli impianti che trattano le scorie. Anche un black-out di pochi minuti porterebbe all'emergenza"

Oltre alla minaccia terroristica, alla carenza di acqua dolce per il raffreddamento degli impianti e ai costi che s'impennano, per il nucleare arriva ora la grana incendi: lo scenario della Russia di questi giorni ci offre una nuova visione dei rischi legati alle centrali atomiche. Da una parte Chernobyl torna a manifestare i suoi effetti, dall'altra l'assedio delle fiamme attorno agli impianti nucleari rivela una minaccia finora poco considerata. Come è possibile che, a distanza di 24 anni dalla catastrofe che ha distrutto il reattore ucraino, quella radioattività torni a essere un problema? "I radionuclidi del cesio emesso nell'esplosione della centrale di Chernobyl si ridurranno a un millesimo solo fra tre secoli", risponde Giuseppe Onufrio, direttore di Greenpeace. "Oggi il 60 per cento di quella radioattività è ancora lì, nel terreno e nelle piante: il fumo degli incendi la rimette in circolazione, anche se con un effetto locale, a differenza di quanto avvenne nel 1986, quando la nube radioattiva si alzò per chilometri seminando il suo carico distruttivo in un'area enorme". Quindi nel conto degli incendi russi dobbiamo mettere anche la contaminazione radioattiva? " Una parte della nube di Chernobyl è stata rimessa in circolazione. E' un elemento che va ad aggravare un bilancio sanitario già critico, visto che si è parlato di un raddoppio della mortalità a Mosca a causa del fumo degli incendi. Sono aumentati in maniera consistente sia il particolato, creando problemi immediati alla respirazione, che elementi cancerogeni come il benzene". Altri incendi minacciano le centrali nucleari. "Non solo le centrali, anche gli altri impianti nucleari. Ad esempio quelli del centro atomico di Mayak, negli Urali, dove c'è un deposito a cielo aperto di scorie nucleari in cui sono stoccate 40 tonnellate di plutonio". Qual è il rischio? "Ci sono vari livelli di rischio. Supponiamo ad esempio che le fiamme colpiscano solo le linee esterne di trasmissione della corrente elettrica, i trasformatori. Ebbene la centrale si troverebbe isolata e si dovrebbe procedere a un arresto rapido del reattore, una procedura che comporta sempre una certa dose di rischio". E' già successo? "E' successo proprio a Mayak il 3 settembre del 2000. Per venti minuti fu interrotta la fornitura elettrica e lanciato il sistema di sicurezza basato su motori diesel. Quei motori erano in condizione di lavorare solo per 30 minuti, se il problema fosse durato più a lungo si sarebbe entrati in una situazione critica".
Un problema del genere potrebbe riguardare anche gli impianti che il governo Berlusconi vuole costruire in Italia? "Nel nostro caso si parla di reattori epr per i quali è previsto un tetto di due minuti per circoscrivere un incendio. Quando guardiamo quello che sta succedendo in Russia e pensiamo che con i cambiamenti climatici andrà sempre peggio...." Fonte: La Republica.it

venerdì 25 giugno 2010

Flash mob a Roma contro il nucleare

 'Congelati' per un minuto dopo essersi accasciate a terra

Sono rimasti 'congelati' per un minuto dopo essersi accasciate a terra. Così decine di persone hanno dato vita a un 'flash mob', in via del Corso, nel pieno centro di Roma. L'obiettivo è "Riportare l' attenzione dei cittadini sul ritorno del nucleare in Italia". L'iniziativa, promossa da 'Greenpeace', gli 'Amici di Beppe Grillo' di Roma e 'Mondo Senza Guerre' e 'Senza Violenza', è stata organizzata attraverso il passaparola e il tam tam sul web, soprattutto sui social network 'Facebook'. Fonte: Ansa.it

giovedì 6 maggio 2010

Niger, il paese radioattivo l'altra faccia del nucleare - Uranio, rapporto di Greenpeace sulle aree minerarie dello Stato africano. Acque contaminate, metalli nocivi, polveri sottili e abitanti a rischio leucemia, cancro e malattie respiratorie. Qui opera l'Areva, l'azienda francese con cui Berlusconi e Scajola hanno stretto l'accordo per costruire quattro centrali in Italia

La falda acquifera contaminata per milioni di anni. Livelli di radioattività nelle strade di Akokan, in Niger, 500 volte superiori ai valori normali nell'area. Metalli radioattivi venduti nei mercati locali. E' uno dei costi nascosti del nucleare: il prezzo ambientale pagato dall'Africa all'estrazione dell'uranio. La denuncia è contenuta in un rapporto di Greenpeace 1. Nel novembre scorso l'associazione ambientalista, in collaborazione con il laboratorio indipendente Criirad e la rete di ong Rotab, ha effettuato uno studio del territorio attorno alle città minerarie di Arlit e Akokan, in Niger, per misurare la radioattività di acqua, aria e terra intorno. E' qui che opera Areva, l'azienda francese leader mondiale nel campo dell'energia nucleare, la stessa società con la quale il governo Berlusconi e il ministro Scajola hanno stretto l'accordo per costruire quattro centrali atomiche in Italia. "In quattro su cinque campioni di acqua che Greenpeace ha raccolto nella regione di Arlit, la concentrazione di uranio è risultata al di sopra del limite raccomandato dall'Oms per l'acqua potabile", si legge nel rapporto. "In 40 anni di attività sono stati utilizzati 270 miliardi di litri di acqua contaminando la falda acquifera: saranno necessari milioni di anni per riportare la situazione allo stato iniziale". Anche nelle polveri sottili, che entrano in profondità nell'apparato respiratorio, la concentrazione di radioattività risulta aumentata di due o tre volte. Areva sostiene che nessun materiale contaminato proviene dalle miniere, ma Greenpeace ha trovato diversi bidoni e materiali di risulta di provenienza mineraria al mercato locale a Arlit, con un indice di radioattività fino a 50 volte superiore ai livelli normali. Gli abitanti del luogo usano questi materiali per costruire le loro case. "Per le strade di Akokan, i livelli di radioattività sono quasi 500 volte superiori al fondo naturale", continua lo studio. "Basta passare meno di un'ora al giorno in quel luogo per essere esposti nell'arco dell'anno a un livello di radiazioni superiore al limite massimo consentito". L'esposizione alla radioattività può causare problemi delle vie respiratorie, malattie congenite, leucemia e cancro. Nella regione i tassi di mortalità legati a problemi respiratori sono il doppio di quello del resto del Niger. Areva sostiene che nessun caso di cancro sia attribuibile al settore minerario. Greenpeace chiede uno studio indipendente intorno alle miniere e nelle città di Arlit e Akokan, seguita da una completa bonifica e decontaminazione. I controlli devono essere messi in atto per garantire che Areva rispetti le normative internazionali di sicurezza nelle sue operazioni, tenendo conto del benessere dei suoi lavoratori, dell'ambiente e delle popolazioni circostanti. "Nella situazione attuale comprare da Areva il combustibile per le centrali nucleari che il governo vuole costruire significherebbe finanziare i disastri ambientali e sanitari in Niger", commenta Giuseppe Onufrio, direttore di Greenpeace.Fonte: La Repubblica.it

venerdì 26 marzo 2010

Verdi e Greenpeace, protesta anti Nucleare - Protesta dei Verdi davanti alla Camera, in piazza Montecitorio a Roma, contro il ritorno del nucleare in Italia

Dal momento che il governo non si decide, la proposta la facciamo noi: nell'ordine una centrale nucleare a Arcore, una a Villa la Certosa, una a Palazzo Chigi e un'altra a Montecitorio". 

A dirlo il presidente dei Verdi, Angelo Bonelli, a proposito della scelta dei siti 'atomici', chiudendo la campagna elettorale per le elezioni regionali con un plastico di una centrale nucleare portanto davanti a Montecitorio. "Il governo - aggiunge Bonelli - si sta accingendo a borseggiare gli italiani perché saranno i contribuenti a pagare le centrali nucleari che costeranno almeno 30 miliardi di euro".E, oggi - continua il capolista dei Verdi nel Lazio - "stiamo vivendo una situazione bruttissima: si sta nascondendo la verità agli italiani e non si ha il coraggio di dire dove verranno fatte le centrali prima del voto". Inoltre, avverte Bonelli, "il ministro Scajola non dice che da ottobre in Francia sono state chiuse 18 centrali per degli incidenti nucleari e che ora importano energia dall'estero e nessuno dice che l'Agenzia Usa per la sicurezza nucleare non ha voluto sul proprio territorio, per motivi di sicurezza, il reattore nucleare francese che invece abbiamo comprato, prendendo un vero e proprio pacco". In Italia poi, conclude il presidente dei Verdi, "si sta affossando il solare perché il sole è gratis ed è un elemento di democrazia energetica con cui però non ci si possono fare affari e soldi". Allora, Bonelli chiede che "il 28 e il 29 marzo diventi anche un Referendum, per dire sì al solare e un netto 'no' al nucleare".Un gruppo di attivisti di Greenpeace ha srotolato un lungo striscione al primo piano della facciata della sede della presidenza della Regione Puglia con la scritta 'Forza Regioni contro il nucleare'. Dopo pochi minuti, lo striscione è stato rimosso. Un'analoga manifestazione - a quanto si è saputo - dovrebbe essere stata fatta in tutte le regioni. Da stamattina è attraccata in porto a Bari l'ammiraglia di Greenpeace. Il consiglio regionale della Puglia nei mesi scorsi ha approvato all'unanimità un ordine del giorno con il quale si dice 'no' all'eventuale installazione di impianti nucleari sul territorio della Puglia. A questo riguardo, durante la campagna elettorale, si sono detti contrari a installazioni in Puglia sia il presidente uscente Nichi Vendola, candidato per il centrosinistra, sia il candidato del centrodestra Rocco Palese. Fonte: Ansa.it

sabato 13 marzo 2010

L'ammiraglia di Greenpeace a Genova contro il nucleare - La nave ammiraglia di Greenpeace 'Rainbow Warrior' e' a Genova per due giorni per promuovere la campagna contro la scelta nucleare dell'Italia. Foto Luca Zennaro.


La nave ammiraglia di Greenpeace 'Rainbow Warrior' e' a Genova per due giorni per promuovere la campagna contro la scelta nucleare dell'Italia. La nave delle mille battaglie ambientaliste in difesa della natura, famosa in particolare per le missioni contro le navi baleniere e gli esperimenti nucleari condotti dai paesi occidentali negli emisferi del sud, e' aperta al pubblico nel porto del capoluogo ligure presso Calata Molo Vecchio, ai Magazzini del Cotone.E' possibile incontrare l'equipaggio internazionale di Greenpeace, visitare l'interno della nave e conoscerne la storia. I visitatori potranno inoltre firmare l'appello contro il nucleare (anche on line sul sito dell'associazione ambientalista) e lasciare un messaggio vocale per dire no. "Puntare sul nucleare - hanno spiegato gli ambientalisti - farà perdere all'Italia tempo prezioso invece di puntare sulle vere energie pulite che in pochi anni possono contribuire a soddisfare il fabbisogno del Paese".Fonte: Ansa.it

domenica 3 gennaio 2010

GREENPEACE, DIFESA PIANETA PROMESSA PER 2010


La difesa del Pianeta e dell'ambiente e' ''la promessa anche per il 2010''. 

Il direttore di Greenpeace, Giuseppe Onufrio, parla cosi' dell'anno che sta per arrivare. E, aggiunge, ''anche se l'obiettivo principale del 2009, avere un accordo legalmente vincolante e serio a Copenaghen, non e' stato raggiunto, quest'anno ha visto altre battaglie e altri successi di Greenpeace. Un'associazione che promuove l'attivismo deve mantenere un atteggiamento positivo e continuare a battersi per la difesa dell'ambiente. E questa e' la promessa anche per il 2010. Siamo in crescita grazie alle migliaia di persone che ci sostengono, vera garanzia di liberta' e indipendenza della nostra organizzazione''. Ecco le vittorie 2009 di Greenpeace: - NUCLEARE: In seguito alla richiesta di Greenpeace 13 regioni italiane impugnano davanti alla Corte Costituzionale la legge sul ritorno al nucleare; - G8: Al G8 i maggiori Paesi concordano, dopo le proteste di Greenpeace, che l'incremento delle temperature a causa del cambiamento climatico deve essere contenuto entro i 2 gradi. Il segretario generale dell'Onu Ban Ki-moon sostiene le richieste di Greenpeace per un accordo sul Clima a Copenaghen; - COPENAGHEN: Come chiesto da Greenpeace oltre 120 leader partecipano alla fase cruciale del summit sul clima; - FORESTE: Dopo due blitz e la pubblicazione dell'inchiesta di Greenpeace 'Anatomia di un crimine' la Metro Spa si impegna a diventare 'amica delle foreste'. I giganti brasiliani della carne, dopo la pubblicazione del rapporto 'Amazzonia, che macello', che mostrava la connessione tra la distruzione della foresta e l'allevamento bovino, accettano le richieste per fermare la deforestazione in Amazzonia. Dopo anni di campagna internazionale di Greenpeace, con azioni anche in Italia, Kimberly-Clark ha annunciato l'adozione di standard per l' acquisto di fibre che garantiscono la conservazione delle foreste. In Indonesia, dopo settimane di residenza al campo e azioni, il Governo decide di revocare le concessioni per la deforestazione; - MARE: Dopo anni di denuncia della pesca illegale delle spadare e delle tonnare volanti per la prima volta le Capitanerie di Porto italiane mettono a punto un esteso piano di controllo. La Rainbow Warrior torna in agosto alle Bocche di Bonifacio: oltre 20 amministratori di Corsica e Sardegna firmano un appello che chiede ai Governi di Italia e Francia piani perla difesa dello stretto. Molti organismi Internazionali, come la Commissione Europea e vari Paesi in ambito Fao sostengono l'inserimento del tonno rosso nell'elenco Cites, per bloccare l'export della specie. Grazie anche a Greenpeace, negli ultimi due anni la quota di pesca e' scesa da 30.000 a 13.000 tonnellate; - INQUINAMENTO: A seguito degli impegni sull'Elettronica Verde, la Apple decide di lasciare la Camera di Commercio Usa per la sua posizione contraria ai piani di riduzione delle emissioni di CO2. In Italia il rapporto 'Hi-tox' denuncia i ritardi del sistema di raccolta e smaltimento dei rifiuti elettronici. - OGM: I rischi del mais MON810 sono stati svelati grazie ad uno studio commissionato da Greenpeace. Negli Stati Uniti un tribunale federale condanna la multinazionale tedesca Bayer per la contaminazione Ogm delle sementi. (ANSA). Y99-GU  28/12/2009 09:37

lunedì 21 dicembre 2009

La Terra con tre gradi in più così sarà sconvolto il pianeta - Il rapporto di Greenpeace dopo il flop del vertice Onu sul clima. Entro un secolo si espanderanno le aree aride in Africa. In Italia, a rischio le coste da Venezia a Grado e verso sud fin quasi a Rimini dal nostro inviato ANTONIO CIANCIULLO


COPENAGHEN - Un pianeta che nella seconda metà del secolo si troverà in bilico sulla catastrofe, con una popolazione vicina ai 9 miliardi di esseri umani e gli ecosistemi in ginocchio, non più in grado di fornire abbastanza acqua, cibo ed energia. E' lo scenario post Copenaghen: un mondo soffocato dai gas serra, più caldo di 3 gradi. Mentre le delegazioni dei 192 paesi che hanno partecipato alla conferenza sul clima salgono sull'aereo portando a casa un mini accordo teorico, senza i target per il taglio delle emissioni di anidride carbonica, è stata messa a punto una prima analisi, che Repubblica è in grado di anticipare, che proietta a livello globale le conseguenze del flop del summit Onu. L'ha preparata Greenpeace per mostrare le conseguenze della resa di fronte alla minaccia climatica. Ecco cosa succederebbe se, continuando a bruciare petrolio e carbone e a tagliare foreste, permettessimo al global warming di crescere al di là di ogni controllo.

MONSONI
Il ritmo dei monsoni cambierà, gli uragani diventeranno più intensi e più frequenti, il livello dei mari crescerà spazzando via decine di città costiere e di isole (gli arcipelaghi che a Copenaghen si sono opposti fino all'ultimo al patto al ribasso tra Stati Uniti e Cina rifiutandosi di firmare l'intesa). Le aree aride e semiaride in Africa si espanderanno almeno del 5-8 per cento, si perderà fino all'80 per cento della foresta pluviale amazzonica, la taiga cinese, la tundra siberiana e la tundra canadese saranno seriamente colpite.

GHIACCIAI
Il Polo Nord diventerà presto navigabile d'estate. Un rialzo di 3 gradi della temperatura media distruggerebbe un terzo dei ghiacciai tibetani in 40 anni. La popolazione mondiale sottoposta a un crescente stress idrico passerebbe dal miliardo attuale a 3,2 miliardi. E altri 200-600 milioni di persone si aggiungerebbero all'elenco di chi non ha abbastanza cibo per sopravvivere.

LE SPECIE A RISCHIO
Significative estinzioni sono previste in tutto il pianeta: a rischio un terzo delle specie. Spariranno il 15-40 per cento delle specie endemiche negli hot spot della biodiversità mondiale. In America latina rischia l'estinzione il 25 per cento delle specie arboree della savana.

SALUTE
L'onda d'urto sulla qualità e sulla durata della vita sarebbe devastante. "Con un aumento di 3 gradi, 3,5 miliardi di persone nel mondo saranno a rischio di contrarre la dengue e 2 miliardi a rischio malaria, una malattia che già oggi uccide 1 milione di persone l'anno", precisa Roberto Bertollini, responsabile del settore cambiamenti climatici dell'Organizzazione mondiale di sanità. "Inoltre, a causa della carenza di acqua, aumenteranno le vittime della diarrea, che uccide 2,2 milioni di persone l'anno, e della siccità, che moltiplicherà per sei il suo impatto. Nel nord America si prevede il 70 per cento di crescita dei giorni a rischio ozono. La Ue stima che nel continente ci saranno 86 mila morti in più all'anno: diventeranno frequenti le ondate di calore che in Europa hanno provocato 70 mila morti aggiuntivi nell'estate del 2003".

L'ITALIA

Anche in Italia l'impatto si annuncia pesante. "Se il livello del mare salisse di un metro nel 2100, l'Italia dovrebbe proteggere buona parte delle sue coste", calcola Angelo Bonelli, presidente dei Verdi. "Da uno studio che abbiamo commissionato a un gruppo di ricercatori risulta che in Italia il 22,8 per cento delle coste è soggetto a erosione: sono 1.733 chilometri". A rischio risultano le coste dell'alto Adriatico da Venezia fino a Grado e verso Sud fin quasi a Rimini, mentre verso l'interno l'acqua potrebbe arrivare sino a Ferrara. In Toscana sarebbero in pericolo le coste vicino a Livorno e verso Nord quelle di Tombolo fino all'Arno: il mare arriverebbe alla periferia di Pisa. Nel Lazio, Latina verrebbe sommersa e verso sud il Tirreno ruberebbe gran parte delle coste vicino al Golfo di Gaeta. Sul versante opposto, la Puglia vedrebbe sommergere Manfredonia e le coste che si snodano verso Barletta, mentre la Sardegna potrebbe dire addio alle coste del Golfo di Oristano, a parte della penisola del Sinis e allo Stagno di Cagliari. L'aumento del livello del Mediterraneo provocherebbe inoltre un altro problema: l'infiltrazione salina nelle falde acquifere che comprometterebbe una parte importante delle risorse idriche, soprattutto in Puglia e Sicilia.

LA SPERANZA

"I potenti della Terra hanno fallito l'obiettivo di impedire cambiamenti climatici disastrosi: l'unico risultato concreto è l'arresto di quattro nostri attivisti, in prigione per aver protestato contro l'impreparazione dei governi", accusa Kumi Naidoo, direttore di Greenpeace International. "Ma non è finita. I cittadini di tutto il mondo chiedevano un vero accordo prima che il summit iniziasse, e continuano a chiederlo. Dobbiamo ottenere dalle amministrazioni, a tutti i livelli, azioni concrete che permettano di salvare centinaia di milioni di persone dalle devastazioni prodotte da un pianeta sempre più caldo". Se ci sarà una forte reazione dell'opinione pubblica, calcola Greenpeace, eviteremo lo scenario segnato da una frenata troppo lenta nell'emissione di gas serra: serve un colpo di reni che permetta di chiudere entro il 2010 un accordo basato su tagli rapidi, consistenti e vincolanti.Fonte: La Repubblica.it

sabato 19 dicembre 2009

Clima, accordo dimezzato. Delusi i paesi europei. Poi la sigla. Il sud del Mondo: "il nostro futuro non è in vendita e mi rincresce informarvi che tuvalu non può accettare questo documento".


Chiude i battenti il summit di Copenaghen ma lascia l'amaro in bocca, tutti insoddisfatti tranne Cina e India, i paesi maggiori inquinatori e meno disponibili a trattare.

Lo stesso presidente americano Barack Obama, nei panni di grande mediatore, nel suo intervento ha ribadito ieri le proposte degli Usa al ribasso, «prendere o lasciare».L'accordo, un documento di tre pagine, fissa come obiettivo un tetto a due gradi del riscaldamento globale rispetto all'era pre-industriale. vengono poi stanziati 30 miliardi di dollari dal 1010 al 2012 e 100 miliardi al 2020, destinati principalmente ai paesi più vulnerabili per sostenerli a contenere l'impatto dei cambiamenti climatici.Questa mattina, la conferenza Onu sul clima ha comunicato di aver «preso nota» dell'intesa nella conferenza finale cui hanno partecipato 193 paesi.Durissima la reazione degli ambientalisti, Greenpeace in primo luogo, a sottolineare che «spariscono gli impegni vincolanti e collettivi, al loro posto un elenco delle disponibilità di ogni singolo stato». «non c'è un solo punto - ha detto il responsabile di Greenpeace, il francese Pascal Husting - in cui si parla di obbligatorietà degli accordi. il protocollo di Kyoto era insufficiente, ma almeno era vincolante. questo testo è la prova che gli egoismi nazionali prevalgono ed è anche la versione più debole tra quelle circolate».Critiche severe giungono da tutto il mondo ambientalista, a cominciare daWwf e Legambiente che fino all'ultimno avevano sperato in un cambio di rotta. «L'accordo di oggi sancisce il trionfo delle parole sui fatti, dell'apparenza sulla sostanza»: per Oxfam international e Ucodep, i leader presenti al vertice di Copenaghen hanno trasformato un momento storico in un fallimento storico: le due organizzazioni chiedono che l'accordo non sia un punto di arrivo, ma solo la base di partenza dei colloqui sul clima nel 2010.Non è chiaro se ciò sarà possibile, perchè la conferenza delle parti, con un'acrobazia linguistica, non ha «adottato» il testo ma si è limitata «a prenderne nota».«L'accordo proposto da Stati Uniti, India e Cina, ma giudicato da tutti insoddisfacente, non riesce a celare le differenze tra i paesi che hanno negoziato per due anni», dichiara Jeremy Hobbs, direttore di Oxfam international, «è un trionfo della retorica sulla sostanza. Riconosce il bisogno di mantenere il riscaldamento globale sotto i due gradi, ma non si impegna a farlo. rimanda le decisioni sul taglio delle emissioni, indorando la pillola con la promessa di maggiori fondi».La rinuncia a siglare un trattato legalmente vincolante entro il 2010 è una duro colpo, soprattutto per le popolazioni più vulnerabili. L'organizzazione mondiale della sanità stima che 150mila persone muoiono ogni giorno a causa dei cambiamenti climatici. Ogni minuto di ritardo costa nuove vite umane.«Dopo due anni di intensi negoziati, questa bozza di accordo non ci dà la sicurezza che gli effetti catastrofici del cambiamento climatico saranno evitati e che i paesi più poveri avranno le risorse di necessarie per contrastarne gli effetti ed adattarsi», denuncia Elisa Bacciotti, portavoce di Oxfam e Ucodep: «milioni di persone in tutto il mondo non vogliono veder morire a Copenaghen le loro speranze per un accodo ambizioso, vincolante ed equo. i leader devono tornare quanto prima attorno a un tavolo nel 2010 e prendere le decisioni necessarie». lLa proposta contiene l'annuncio di 100 miliardi di dollari l'anno per aiutare i paesi poveri a fronteggiare i cambiamenti climatici. In realtà, avvertono gli ambientalisti, «si tratta di un obiettivo e non di un risultato già assicurato: i paesi poveri non hanno infatti alcuna certezza di ricevere i fondi necessari per adattarsi ai cambiamenti climatici e ridurre le emissioni. la somma di 100 miliardi di dollari, inoltre, è solo metà di quella necessaria. questa differenza può avere conseguenze drammatiche: solo nell'Asia del sud e nell'africana subsahariana, per esempio, c'è bisogno di un miliardo e mezzo di dollari per impedire nuove morti per malaria e diarrea causate dal clima. Non c'è poi certezza che i 100 miliardi saranno aggiuntivi rispetto agli impegni presi sull'aiuto pubblico allo sviluppo. ciò significa che, nei paesi in via di sviluppo, i fondi potrebbero essere sottratti all'istruzione e all'assistenza sanitaria per finanziarie difese contro le inondazioni o sostenere gli agricoltori più poveri. I 100 miliardi di dollari potrebbero infine non essere fondi pubblici, ed essere quindi erogati secondo l'agenda dei donatori privati più che sulla base delle reali emergenze.Preoccupante anche l'assenza, nella bozza di accordo, di obiettivi specifici di riduzione delle emissioni entro il 2020, essenziali secondo gli scienziati per garantire che il riscaldamento globale non superi i due gradi.


Il Sud del mondo: sarà olocausto

L'accordo sul clima raggiunto a Copenaghen per il Sud del mondo è addirittura «un patto suicida», che alcune delegazioni africane e latino-americane, paragonano «all'olocausto nazista o a un tradimento biblico».«Si chiede all'Africa di sottoscrivere un patto suicida, un accordo di distruzione per mantenere la dipendenza economica da un pugno di paesi», ha detto il sudanese Lumumba Stanislas Dia-Ping che guida il blocco «77 più Cina» intorno al quale si raccolgono 130 paesi in via di sviluppo.«E' una soluzione basata su quegli stessi valori in europa spinsero nei forni sei milioni di persone». commento che ha scatenato numerose proteste da parte dei negoziatori: indignata la Svezia che l'ha giudicato «spregevole», mentre il ministro britannico Miliband l'ha definito «disgustoso» e «offensivo per chiunque partecipi alla conferenza, a prescindere dalle origini».Ian Fray di Tuvalu, il cui paese è fra i più a rischio a causa del riscaldamento climatico ha rincarato la dose dicendo che l'accordo equivale a un tradimento: «è come se ci avessero offerto 30 monete d'argento -. per tradire il nostro popolo e il vostro futuro. Ma il nostro futuro non è in vendita e mi rincresce informarvi che tuvalu non può accettare questo documento».


 Fonte: L'Unità.it 19 dicembre 2009
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