mercoledì 11 aprile 2012

Casale - «L’impianto e la discarica della società Pantaeco: una “bomba” ecologica»

Impianto e discarica Pantaeco di Coste Fagioli sono una bomba ecologica, e ad innescarla sono state Provincia di Lodi e Arpa. L’accusa è dei dipendenti Pantaeco all’indomani della messa in liquidazione della società e, per quanto grave, ha una sua logica stringente: «Da marzo nessuno più controlla gli impianti e fa manutenzione, non si sa neppure se gli allarmi sono in funzione e lo stabilimento è rimasto per diversi giorni senza elettricità disponibile.
Il rischio di tracimazione o di infiltrazione del percolato nella falda è altissimo ora che la ditta è chiusa».Dopo l’ultima conferenza di servizi alla fine di dicembre tra tutti gli enti preposti sembrava che per la Pantaeco ci fosse uno spiraglio. Da aprile dell’anno scorso l’autorizzazione ambientale della Provincia di Lodi era sospesa in seguito ai rilievi dell’Arpa, che aveva individuato diverse criticità di natura ambientale e per la sicurezza del sito. Da allora gli enti hanno chiesto il rispetto di una serie di prescrizioni che la proprietà non era stata in grado di ottemperare. A gennaio però c’erano state novità con il cambio di dirigenza e l’uscita di scena di Giancarlo Paina, fino ad allora amministratore prima e poi ispiratore della politica dell’azienda come socio di maggioranza. A gennaio e febbraio era proseguita l’attività di svuotamento delle vasche di percolato, tanto che Arpa e Provincia di Lodi avevano manifestato un cauto ottimismo. A marzo invece la doccia fredda: blocco delle attività, liquidazione volontaria e trasferimento della sede a Barletta, presso la residenza del curatore individuato dalla proprietà. Da metà marzo circa nessuna attività viene più svolta all’interno dell’impianto di separazione, mentre la discarica è sotto sequestro penale per l’indagine relativa all’accatastamento di più rifiuti di quelli autorizzati.«Ma la discarica era ferma da mesi, si lavorava solo con l’impianto di separazione - spiegano i lavoratori -. Arpa e Provincia di Lodi hanno sempre avuto un atteggiamento di massima chiusura e di continue pretese, fino a portare lo stabilimento alla chiusura. L’anno scorso da aprile a luglio abbiamo fatto un lavoro di messa in sicurezza notevole, ma una volta sistemate queste criticità gli enti hanno trovato altri problemi. C’erano situazioni stabili da ani e si è deciso che erano critiche solo l’anno scorso. Risolti poi i nuovi problemi ne sono stati trovati altri, spesso inutili, senza mai mettere fine al blocco dell’impianto. E così facendo siamo arrivati alla chiusura».Solo che il pericolo prima era sotto controllo, ora non più. «Con la chiusura dell’attività nessuno fa più manutenzione e nell’impianto ci possono essere perdite che nessuno vede - proseguono gli ex dipendenti -. A marzo è stata tolta la corrente e le pompe non erano più funzionanti, ma gli enti preposti forse non lo sanno nemmeno. C’è un rischio di emergenza ambientale che ora ricade su tutta la comunità e di cui non si capisce chi se ne stia occupando».Il comune di Casale ha stanziato 90mila euro a bilancio per le prime operazioni, ma la questione ambientale sembra solo all’inizio, e sulla riscossione delle assicurazioni messe a garanzia dell’attività non ci sono ancora punti fermi. Una conferenza di servizi per fare il punto tra tutti gli enti si terrà il prossimo 18 aprile.Fonte: Il Cittadino
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