Chi
ci va finisce davvero per provarlo il mal d'Africa. Lo sanno bene
Raffaele Brattoli, ultramaratoneta estremo, e Antonio Falletta, sindaco
di Peschiera Borromeo, che nel giugno del 2011 si sono avventurati nel
continente africano - componenti della delegazione "Un pozzo per Andrea"
-, dal quale difficilmente ci si slega; quella strana terra ti entra
dentro e mai più ti abbandona.
Così, durante la locale "Festa delle
Associazioni", tenutasi a maggio, è stata allestita una mostra
fotografica sull'Africa e venduto ogni singolo scatto, il cui ricavato,
sommato ad altre raccolte fondi messe in piedi da Raffaele Brattoli,
Antonella Dimino, Sonia ed Elisabetta Cipollone, ha superato di gran
lunga l'obiettivo previsto dal progetto "50X60X52" (così composto: 50
euro la cifra stabilita per sfamare un gruppo di 60 bambini etiopi per
un totale di 52 settimane). Un ottimo risultato a cui, a titolo
personale, ha contribuito anche Antonio Falletta che ha acquistato 4
immagini e le ha esposte nei locali comunali «perché anche altre persone
possano trarne beneficio».
E proprio di fronte ad esse, racconta la
sua esperienza. «Tutto è cominciato a seguito di un tragico episodio, la
morte di Andrea De Nando, il 15enne travolto da un'automobile nell'anno
2011 - racconta il Sindaco -. Mi aveva molto colpito la reazione della
sua mamma, Elisabetta Cipollone, che dinnanzi a una tragedia di tale
gravità, si è prodigata nella realizzazione del sogno espresso dal
figlio su un diario: costruire pozzi per l'approvvigionamento idrico in
Africa». Così, assieme, si sono recati in Etiopia, più precisamente a
Gambella, accompagnati da Sonia Cipollone e Raffaele Brattoli.
Lì, il confronto con la realtà locale ha
assunto contorni devastanti: paesi interi con persone che non superano i
50 anni di età e un altissimo tasso di mortalità infantile, oltre a
povertà e scolarizzazione quasi nulla. Sebbene le premesse siano
laceranti attraverso un occhio occidentale, il gruppo ha avuto altresì
modo di sorprendersi delle preziose attività svolte dai missionari
italiani, che dedicano anima e corpo a quelle popolazioni dimenticate
dal mondo. «Ho
scoperto che queste persone rappresentano tutto per i villaggi: la
formazione, l'acqua, la coltivazione, il lavoro, lo studio - ricorda -.
Su due piedi, mi sono detto: "Se è vero che esiste la fede, questi
signori ce l'hanno"».Vivono, infatti, in situazioni di precarietà, per
dedicarsi esclusivamente agli altri, come il vescovo di Gambella Angelo
Moreschi e Abba Filippo.
Non bisogna però associare la loro figura
a immagini o ruoli a cui siamo abituati: sono guide spirituali e
organizzano il lavoro, hanno in dotazione fucili, come espediente per
difendere i più deboli, e se incrociano per la strada una gallinnella
tentano di travolgerla perché è cibo, e quindi sopravvivenza per diverse
persone. La vera arma però di cui sono in possesso «è una carica
incredibile, che ogni giorno trasmette forza e gioia, proprio come quei
piccoli che per addentare un biscotto correvano a perdifiato con grandi
sorrisi stampati in viso». Basta poco a loro per esorcizzare quella
drammaticità che soffoca il quotidiano.
«Sono situazioni che ti segnano -
continua Antonio Falletta -. È una dimensione della vita che nei miei 50
anni non ho mai provato e che molto ha significato». Così, rivela, che
presto vi farà ritorno e nell'attesa troverà un po' di calore nelle
fotografie affisse in Municipio.Fonte: 7giorni
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