Cartelli indicatori a penzoloni,
graffiti a tappeto, zone “orinatoio”, assenza totale di erogatori
automatiche di ticket, ciuffi di verde negli squarci “a vista cielo” che
si aprono sopra il tunnel. E neanche un bar o un tabaccaio aperto (o
almeno indicato) nel raggio di almeno cinquecento metri. È il “solito” aspetto della stazione di San Donato nei giorni
surreali di Ferragosto, quando a parte chi lavora nei pochi uffici
aperti, dai treni scende qualche sporadico disorientato utente. Mancano
22 mesi ad Expo Milano 2015. Qualcuno si presume che andrà a vedere
Metanopoli e il Sesto palazzo uffici, scintillante dirimpetto, e
sbarcherà esattamente qui. Dove ci sono i cartelli “San Donato” e dove
si arriva nel complesso urbanistico più all’avanguardia di tutto il
Sudmilano. La riqualificazione è un problema complesso, che chiama in
causa molti soggetti fra cui Trenord - la proprietà-, l’amministrazione
comunale e anche la sinergia con Eni. Nei mesi scorsi a più riprese il
tema è stato sulla cresta dell’onda e si è dato qualche segnale concreto
come la pulizia d’emergenza, effettuata dal Comune, nell’androne invaso
da rifiuti. Resta il fatto che un restyling generale del sito non
risulta predisposto e l’indegnità del luogo, anche a fronte di quello
che gli si sta costruendo davanti, appare stridente. Mentre la
situazione migliorerà per quanto riguarda l’altro scalo, Borgolombardo
(che però ha un’utenza poco “milanese”), qui passano le estati e poco si
smuove. L’auspicio generale è che questo sia l’ultimo, o almeno il
penultimo, Ferragosto con un servizio ferroviario simile, mentre i
biglietti continuano a costare sempre più. Nel tunnel delle Torri
Lombarde quello che spicca è il tappeto di graffiti urbani, dall’accesso
alla banchina d’attesa.
Coprono ogni metro e anche quelli realizzati qualche anno fa con
intenzioni lodevoli, quasi artistiche, dai ragazzi delle scuole,
denunciano il peso degli anni. Sarebbe forse il minore dei problemi, ma
una bella mano di intonaco ci vuole. Magari data al momento strategico,
prima che tutto si riempia di nuovo di colori. Ma se ai graffiti in
fondo si è abituati, meno lo si è alla sconcertante mancanza di
strutture di servizio. I biglietti si fanno sulla S1 o nelle rivendite autorizzate, perchè
di macchinette automatiche neanche l’ombra. Self bar e punti di ristoro
(ormai si costruiscono quasi corazzati, nda): zero. Barriere
architettoniche: gli ascensori per i portatori di disabilità ci sono: ma
funzionano? Nel dubbio, si assiste alla seguente scena: un uomo con
stampelle scivola lungo il corrimano delle scale, coi gradini umidi per
la pioggia, e se ne va verso via Adenauer. Guardando sopra la testa dalle coperture sventrate occhieggiano rami
di infestanti e altri arbusti. Non ci sono nemmeno pubblicità a
segnalare qualcosa di residualmente umano: qui è puro dopobomba. Ci si
avvicina a una videocamera: è finta, pitturata assieme alla porta. Far
vivere (bene) una stazione è una delle imprese più difficili per
qualsiasi amministratore o architetto urbanista. Ma provarci è
d’obbligo.Fonte: Il Cittadino
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