martedì 20 agosto 2013

San Donato - In viaggio nella stazione “dimenticata”

Cartelli indicatori a penzoloni, graffiti a tappeto, zone “orinatoio”, assenza totale di erogatori automatiche di ticket, ciuffi di verde negli squarci “a vista cielo” che si aprono sopra il tunnel. E neanche un bar o un tabaccaio aperto (o almeno indicato) nel raggio di almeno cinquecento metri. È il “solito” aspetto della stazione di San Donato nei giorni surreali di Ferragosto, quando a parte chi lavora nei pochi uffici aperti, dai treni scende qualche sporadico disorientato utente. Mancano 22 mesi ad Expo Milano 2015. Qualcuno si presume che andrà a vedere Metanopoli e il Sesto palazzo uffici, scintillante dirimpetto, e sbarcherà esattamente qui. Dove ci sono i cartelli “San Donato” e dove si arriva nel complesso urbanistico più all’avanguardia di tutto il Sudmilano. La riqualificazione è un problema complesso, che chiama in causa molti soggetti fra cui Trenord - la proprietà-, l’amministrazione comunale e anche la sinergia con Eni. Nei mesi scorsi a più riprese il tema è stato sulla cresta dell’onda e si è dato qualche segnale concreto come la pulizia d’emergenza, effettuata dal Comune, nell’androne invaso da rifiuti. Resta il fatto che un restyling generale del sito non risulta predisposto e l’indegnità del luogo, anche a fronte di quello che gli si sta costruendo davanti, appare stridente. Mentre la situazione migliorerà per quanto riguarda l’altro scalo, Borgolombardo (che però ha un’utenza poco “milanese”), qui passano le estati e poco si smuove. L’auspicio generale è che questo sia l’ultimo, o almeno il penultimo, Ferragosto con un servizio ferroviario simile, mentre i biglietti continuano a costare sempre più. Nel tunnel delle Torri Lombarde quello che spicca è il tappeto di graffiti urbani, dall’accesso alla banchina d’attesa.
Coprono ogni metro e anche quelli realizzati qualche anno fa con intenzioni lodevoli, quasi artistiche, dai ragazzi delle scuole, denunciano il peso degli anni. Sarebbe forse il minore dei problemi, ma una bella mano di intonaco ci vuole. Magari data al momento strategico, prima che tutto si riempia di nuovo di colori. Ma se ai graffiti in fondo si è abituati, meno lo si è alla sconcertante mancanza di strutture di servizio. I biglietti si fanno sulla S1 o nelle rivendite autorizzate, perchè di macchinette automatiche neanche l’ombra. Self bar e punti di ristoro (ormai si costruiscono quasi corazzati, nda): zero. Barriere architettoniche: gli ascensori per i portatori di disabilità ci sono: ma funzionano? Nel dubbio, si assiste alla seguente scena: un uomo con stampelle scivola lungo il corrimano delle scale, coi gradini umidi per la pioggia, e se ne va verso via Adenauer. Guardando sopra la testa dalle coperture sventrate occhieggiano rami di infestanti e altri arbusti. Non ci sono nemmeno pubblicità a segnalare qualcosa di residualmente umano: qui è puro dopobomba. Ci si avvicina a una videocamera: è finta, pitturata assieme alla porta. Far vivere (bene) una stazione è una delle imprese più difficili per qualsiasi amministratore o architetto urbanista. Ma provarci è d’obbligo.Fonte: Il Cittadino

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