venerdì 4 aprile 2014

Discarica Bussi, i pm: nei Sessanta ogni giorno una tonnellata di veleni nel fiume. La "confessione" in un documento del '92

CHIETI - Entra nel vivo il processo per la discarica di veleni di Bussi, la più grande d'Europa . E si conoscono dettagli inquietanti. "Fino a tutti gli anni '60 il sito industriale chimico di Bussi - in provincia di Pescara - ha sversato una tonnellata al giorno di veleni residui della produzione nel fiume Tirino. E' il passaggio forte della requisitoria dei pm Annarita Mantini e Giuseppe Bellelli al processo in Corte d'Assise a Chieti sulla discarica della ex Montedison.

Ma il colpo a sorpresa è arrivato durante la requisitoria dei Pm, quando l'accusa ha mostrato un documento agli atti datato 1992 e che, per i pm, si riferisce alla conclusione di una riunione tra alcuni degli imputati. Uno schema 'confessione' in cui si citano problemi di clorurati nell'acquedotto Giardino.

Problemi che continuano: perché, a quanto appreso, il perito della procura di Pescara, citato dai pm Mantini e Bellelli nel corso della requisitoria, definisce la megadiscarica dei veleni a Bussi una "pistola fumante" che continua a inquinare. Per il perito il "capping", la copertura, ha avuto effetto positivo ma i valori sono ancora oltre la soglia, con la conferma da perizie ad hoc. Per il perito della difesa, invece, sarebbe il fiume Tirino a contaminare alcuni pozzi.

La Procura di Pescara durante la requisitoria ha reso pubblica anche una lettera inviata nel 1972 dal Comune della città, a firma dell'assessore all'Igiene e alla Sanità Giovanni Contratti, ai vertici della Montedison di Bussi nella quale chiedeva di rimuovere i rifiuti tossici interrati nel sito perché costituivano un pericolo di inquinamento concreto per le falde acquifere dell'acquedotto Giardino che forniva l'acqua potabile a tutta la Val Pescara. Per i Pm questo dimostra come già allora si sapesse degli effetti letali dell'interramento dei rifiuti.

In un altro passaggio della requisitoria, con l'ausilio di foto aeree, i pm hanno spiegato che due anni dopo quella lettera, nel 1974, la discarica era arrivata al 75% della capienza, giungendo a completa saturazione nel 1983.

Solo nel 2007, 35 anni dopo la lettera dell'assessore Contratti, la Guardia forestale ha messo i primi sigilli alla discarica Tre Monti. A fine marzo di quest'anno, con il processo davanti alla Corte d'Assise di Pescara, 19 responsabili dell'ex colosso devono rispondere di disastro doloso e avvelenamento delle acque, mentre sono finiti sul registro degli indagati anche otto dirigenti della società francese Solvay che nel 2002 aveva acquistato il polo chimico dall'Ausimont (gruppo Montedison).
Una prima stima dell'Ispra (Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale) per il ministero della Salute valuta un danno ambientale di 8,5 miliardi di euro e un costo di 500-600 milioni per la bonifica della discarica che al momento appare ricoperta da un "sarcofago", con un telone impermeabile e sopra un terrapieno di ghiaia, come la tomba di un faraone. Per effetto della legge per il terremoto dell'Aquila, finora ne sono stati stanziati una cinquantina. Ma questi soldi - come precisa il sindaco di Bussi, Salvatore La Gatta - sono destinati alla bonifica e alla reindustrializzazione dello stabilimento che oggi è fermo. Fonte: la Repubblica

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