Il deputato melegnanese del Pd non chiude le porte all’energia atomica ma boccia la riapertura di Caorso.Ma per l’onorevole Quartiani serviranno altri 15-20 anni.
«Il ritorno al nucleare in Italia? Possibile, ma tra quindici-vent’anni, non certo tre come sostiene il governo. Una centrale nucleare di quarta generazione costa come sei autostrade, calcolate voi la tempistica.» «Riaprire Caorso? Non commento nemmeno, non si riapre un impianto di “seconda generazione” atomica quando siamo ormai alla terza avanzata.» Così Erminio Quartiani, 57enne deputato melegnanese arrivato alla terza legislatura consecutiva a Montecitorio, segretario del Partito Democratico alla Camera, traccia il limite fra sogni e realtà sulla strada, affascinante e rischiosa insieme, del nucleare-bis: la fine del diktat referendario del 1987, che bandì l’atomo dal Belpaese, e la costruzione a spron battuto di nuove centrali per fronteggiare uno degli scompensi massimi della nostra economia, la dipendenza energetica dall’estero. Quartiani non manca certo di esperienza per giudicare questa prospettiva fortemente voluta dal governo. Dal 2001 al 2006 fu in commissione parlamentare attività produttive ed energia con Bruno Tabacci presidente; adesso è ritornato, trovando come responsabile il lodigiano Andrea Gibelli della Lega Nord. La situazione, quindi, gli è chiara.Dunque, nucleare tricolore possibile o no? E se sì, per noi o per i nostri nipoti?«Costruire una centrale atomica è una delle cose più costose che esistano: 8-12 miliardi di euro contro 1-2 di un’autostrada avanzata. Ecco perché nucleare si è sempre identificato con Stato, o con enormi soggetti del settore energetico - pensiamo al connubio Enel/Energie de France - a partecipazione pubblica totale o parziale. Invece dire che l’uranio o il plutonio sono “crollati” quanto a costo, e che quindi fare le centrali nuove sarebbe relativamente facile, è dire un’assurdità. Il problema dell’energia civile atomica non è la materia prima, ma il costo del “consenso sociale”. Ancora oggi, a 20 anni dalla chiusura, la Francia smaltisce i rifiuti di Caorso e Trino Vercellese. Queste sono le vere cifre astronomiche dell’operazione, non il nucleo dell’impianto».Allora è un’utopia?«No. Il reperimento dei finanziamenti di per sè è possibile. Alcuni grandi operatori del settore energia, tipo Eni o Enel, hanno i budget e gli ingegneri con le competenze adatte per avviare impianti nucleari di cosiddetta terza generazione avanzata in Italia. Inutile illudersi: nessuna centrale prima di 15-20 anni. Fermo restando, e tutto da definirsi, il “ricarico” indiretto sui cittadini, in pratica le bollette. Il punto è che i colossi dell’energia abbiano un ente serio come controparte.»Cioè?«Sette mesi fa, ai primordi di questa ipotesi nucleare-bis, il discorso partì malissimo. Lo schema del governo era di avere un solo ministero, quello dello sviluppo economico, che dialoga con i soggetti potenzialmente interessati e “commissiona” le centrali. In nessuna nazione europea e per gran parte nemmeno negli Stati Uniti una situazione del genere è mai stata in piedi. Vedere il nucleare come “compravendita” ministero-costruttori è una semplificazione prima che pericolosa, impossibile. Ecco allora farsi strada in commissione attività produttive una dura insistenza, che non esito ad attribuire a Quartiani Erminio, per istituire l’Agenzia di sicurezza atomica. Alla fine, la maggioranza ha dimostrato di ascoltare queste sollecitazioni e l’agenzia, sotto la garanzia e la responsabilità della presidenza del consiglio, è sorta. Certo: il finanziamento 2009 non induce all’ottimismo. L’agenzia nasce, salvo emendamenti alla legge Finanziaria, con una dotazione di 500mila euro».
Fonte: Il Cittadino
Fonte: Il Cittadino
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