Cerro - A Riozzo si fabbricavano aggressivi chimici per l’esercito in epoca fascista. L’Asl: «Lì non abbiamo mai potuto fare analisi».Mezzi scrive a La Russa, la Regione al ministero dell'Ambiente.
A Riozzo l’impianto militare dell’ex chimica Saronio potrebbe nascondere un lago di veleni. L’ex sindaco di Melegnano Pietro Mezzi, ora nell'esecutivo di Filippo Penati, chiede al ministro della Difesa di fare luce sulla vicenda. «Stiamo parlando di un impianto industriale che produceva materiale chimico per usi bellici, si sospetta gas nervino - chiarisce Mezzi, oggi assessore al territorio della Provincia di Milano -. Sta di fatto che, collocata nella zona industriale di Riozzo (frazione di Cerro al Lambro, ndr), l’area appartiene tuttora al demanio militare. Eppure, da anni il comune di Cerro reclama l’uso della zona, ma sinora il problema non ha mai trovato alcuna soluzione. Pertanto, come assessore provinciale e politico locale, ho scritto una lettera al ministro Ignazio La Russa, con cui chiedo di attivare un tavolo istituzionale per l’eventuale bonifica e il recupero dell’area». Tutto ha avuto inizio nel 1926, quando a Melegnano fu costruita l’industria chimica Saronio, destinata a produrre in grande quantità sostanze di primaria importanza per l’industria, a partire dai coloranti, ma che avrebbero avuto effetti deleteri per decine di operai e per la falda acquifera che afferisce anche al Lambro. Nei primi anni Quaranta, poi, la chimica sconfinava anche nel vicino comune di Cerro e avviava una produzione a scopi bellici, finalizzata a rifornire l’esercito di Benito Mussolini, che qualche anno prima era stato personalmente in visita agli stabilimenti di Melegnano. Dopo la caduta del fascismo e la chiusura della Saronio, i vari enti del settore hanno compiuto decine di indagini sui terreni che erano stati dedicati alle lavorazioni industriali, analisi dalle quali sono puntualmente emersi dati decisamente allarmanti. Ma, ad oltre sessant’anni dalla fine della guerra, nessuno sa dire con certezza dove siano state smaltite le bombe chimiche di Cerro. «Perché - conferma Edoardo Bai, chimico dell’Asl - nell’area del demanio militare non ci abbiamo mai messo piede». Già, ma che tipo di armi produceva l’impianto? Di certo nulla di buono, se è vero che nel 1943 il bombardamento di una filiale foggiana della Saronio produsse una vasta contaminazione nel raggio di chilometri. Chiusa nel 1963, l’ex fabbrica di Riozzo è stata per anni campo di addestramento per i soldati, che però dai primi anni Duemila non si vedono più. Così, oggi all’interno dell’area ci sono solo edifici fatiscenti e manichini decapitati, ferraglie e filo spinato arrugginito. Il tutto dominato dall’imponente arco di cemento sul quale svetta l’aquila imperiale, simbolo per eccellenza del Ventennio fascista. «Ma quella zona non può stare così per sempre - riprende Mezzi -. Dopo l’eventuale bonifica, propongo di trasformarla in un parco urbano, a testimoniare il ritorno alla comunità di un’area che per decenni ha rappresentato una ferita aperta». E pare che la lettera di Mezzi abbia sortito i suoi effetti. Perché il ministro La Russa avrebbe assicurato il proprio «interessamento», mentre l’assessore regionale all’ambiente Massimo Ponzoni avrebbe contattato Stefania Prestigiacomo, ministro dell’Ambiente, «affinché l’area di Cerro sia inserita tra i siti da bonificare di interesse nazionale».
Fonte: Il Cittadino
Fonte: Il Cittadino
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