ROMA - Quattro miliardi di euro per rimettere a posto il sistema idraulico dell'Italia possono sembrare molti.
Ma rappresentano più o meno quanto costano allo Stato ogni anno alluvioni, frane e terremoti. Lasciando da parte i terremoti, che si curano con la buona edilizia, si può dire che le spese di un intervento risanatore in campo idrico verrebbero recuperate nell'arco di pochissimi anni. Salvando una buona parte delle sei vittime che ogni mese i disastri che una volta chiamavamo naturali provocano."Nelle sciagure che abbiamo davanti agli occhi c'è ben poco di naturale", conferma Massimo Gargano, presidente dell'Associazione nazionale bonifiche. "Da una parte l'urbanizzazione selvaggia si è mangiata le campagne e l'acqua invece di essere assorbita dalla terra prende velocità come su una pista di pattinaggio; dall'altra i cambiamenti climatici hanno trasformato le piogge in nubifragi violenti. Se vogliamo limitare la moltiplicazione di frane e alluvioni lampo dobbiamo mantenere nella massima efficienza il governo dei 92 mila chilometri di canali di raccolta delle acque di scolo".In realtà per un lungo periodo la cura idraulica aveva finito per aggravare il male. Era l'epoca del cemento utilizzato senza risparmio per alzare gli argini nelle zone di esondazione, delle gabbie di contenimento per torrenti e fiumi. Oggi però quella stagione è tramontata e le sponde dei canali di raccolta delle acque sono per lo più realizzate con canne e arbusti."Nel piano da 4,2 miliardi che abbiamo presentato ci sono progetti per la risistemazione dei torrenti, delle rogge, dei pendii collinari, dei canali", precisa Gargano. "Si prevede l'uso del decespugliatore, non delle escavatrici perché dobbiamo aggiungere difese vive come gli alberi, non muri morti. Però, se l'ingegneria naturalistica è lo strumento più efficace, non si può cadere nell'errore di pensare che la natura fa da sé. Non quando milioni di persone vivono in zone che tornerebbero palude senza i canali di scolo e le idrovore che risucchiano l'acqua. Senza questa macchina di difesa idraulica sarebbero a rischio allagamento città come Mantova, aeroporti come Fiumicino e Venezia, autostrade come la Firenze mare, ferrovie come la Roma-Napoli".Insomma, secondo l'Associazione nazionale delle bonifiche, il bilancio delle calamità innaturali è stato finora pesante (in 50 anni sono state censite quasi 470 mila frane), ma, in assenza di interventi, il futuro sarà peggiore. Nei prossimi anni la crescita dei gas serra in atmosfera modificherà il ciclo idrico aumentando considerevolmente l'intensità delle piogge e moltiplicando le trombe d'aria: per questo bisogna preparare da subito un sistema di difesa valido. Non per le emergenze. Per la vita quotidiana che sarà segnata sempre più frequentemente da episodi un tempo considerati eccezionali.L'Italia non può permettersi di ignorare questa minaccia. Sette Comuni su dieci sono in un'area ad alto rischio idrogeologico. Nel decennio 1994-2004 (non funestato da un terremoto tra i più gravi) lo Stato ha dovuto tirar fuori 21 miliardi di euro per far fronte ai danni dai principali eventi sismici, frane e alluvioni. E tra il 1973 e il 2001 il cattivo governo delle acque, da solo, è costato 700 vittime. Fonte: La Repubblica.it
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