La golena lodigiana del Po come la "valle dei templi". Poderosi, e con il colonnato di sostegno non ancora coperto, i due capannoni in costruzione a fianco del vecchio ponte di San Rocco al Porto somigliano ad architetture consacrate al Grande Fiume. Impossibile non torcere il capo nel tentativo di scorgerli meglio per chiunque infili il raccordo che dalla via Emilia connette al viadotto di conduzione a Piacenza, e però automobilisti e motorizzati non possono che rassegnarsi al ritaglio di visuale alle spalle dell'argine maestro, tetti puntuti verso il cielo. E che curiosità sapere cosa mai si stia facendo giù là dove nessuno può vedere, tanto da far nascere congetture improbabili sul fatto si tratti di magazzini per i materiali oppure di "garage" per il ricovero mezzi. Niente di tutto questo, i due pachidermi d'acciaio sono in realtà gli "stabilimenti" per le fondazioni del nuovo ponte Anas, e cioè spazi fisici dentro cui verranno montate le campate dell'impalcato metallico la cui consegna è promessa entro il prossimo dicembre. Undici in tutto - lunghe 75 metri e del peso di mille tonnellate l'una -, le travi saranno sfornate con cadenza quindicinale dalle due linee di produzione identiche contenute nei capannoni. «Il 15 marzo partirà l'assemblaggio della prima trave e il 30 subito quello della seconda - spiega Marco Paniccia, capocantiere dell'impresa Spic che sta eseguendo l'opera in subappalto a Consfer -; poi ogni quindici giorni ne sarà pronta una». Una volta montata, ciascuna delle undici strutture portanti verrà sollevata da un carroponte e trasportata all'esterno del capannone fin dentro la buca del traslatore, quindi sarà questo a trasferirla dal campo di prefabbricazione in golena fin su in cima alla linea di varo. Non prima del passaggio nei due “capannoncini per la saldatura e verniciatura” da costruire sul rilevato che sta sotto il tronco di ponte rimasto in piedi. Un “traffico” che vedrà al lavoro una settantina di operai in tutto, quasi il doppio dei ventotto tra montatori, carpentieri, saldatori e ferraioli già impegnati da un paio di mesi nell'allestimento del campus in golena. «Gli operai si alterneranno su tre turni lavorando sette giorni su sette» prosegue Paniccia, sottratto un istante al prodigioso formicaio di uomini senza sosta che è il cantiere. Ma davvero spettacolare sarà la fase di spinta delle travi da una sponda all'altra del fiume, con i piloni a fare da base di appoggio e l'avambecco agganciato alla prima a scivolarci morbidamente sopra. Come la punta di uno sci, lungo tutta l'apertura di ottocentoquindici metri che è lo scavalco del fiume da ricostruire. Fonte: Il Cittadino
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