Nel territorio del comune di San Fiorano si erge una torre censita come bene culturale dalla regione Lombardia: una torre antica, mangiata dalla boscaglia, prossima al crollo; dimenticata, per sempre. È la torre della Costa, volgarmente detta “torre dell’uccellaia”, perché il sottotetto della costruzione, a dieci metri d’altezza, venne usata come colombaia per un periodo di tempo. Fu creata nel 1846, per ordine del primo proprietario, il marchese Giorgio Guido Pallavicino Trivulzio. L’anno di costruzione dell’uccellaia è riportato nella denuncia di «nuove costruzioni, gli aumenti e i miglioramenti stabili e sostanziali verificatisi» per i fabbricati del marchese. Se volete scovarla, la costruzione si trova nella strada vicinale della cascina Balbana, a 240 metri di distanza dalla provinciale 116, che taglia il paese. Ci si arriva per una discesa sterrata e sconnessa che parte dal cimitero, passa sotto il ponte ad arco delle ferrovie e giunge ad un Madonnino. Sul lato destro di questa mulattiera si alza un terrapieno, e sopra, completamente avvolto dalle pianti rampicanti, dorme la torretta. Il pian terreno dell’edificio è diventato il rifugio per le peggiori schifezze di malintenzionati. Le pareti imbrattate da scritte sconce, per terra cocci di vetro, immancabili bottiglie di Peroni e vodka in frantumi, ma anche siringhe. La porta è stata murata con mattoni grigi, ma le finestre, sfondate recano un secchio alla base: viene usato come gradino per entrare all’interno, in tutta comodità. I coppi del tetto sono quasi tutti caduti, l’invaso interno si allaga alla prima pioggia che ristagnando, porta alla marcescenza di tutta la struttura. Il sindaco, Antonio Mariani, sogna una riqualificazione totale del bene culturale, ma afferma chiaramente che l’impresa, ad oggi, è infattibile: «La torre è di proprietà di privati. Potremmo anche comprarla, ma senza i soldi per darle nuovo lustro ci assumeremmo solo una patata bollente - afferma Mariani -; spero che il gettito proveniente dal nuovo parco fotovoltaico in costruzione consenta di fronteggiare il restauro. In caso di entrate cospicue, ci muoveremo in quel senso. Ma i guadagni saranno fra molto tempo, e le priorità del paese sono altre in questi tempi di crisi». Così la torre rimane lì, ancora due primavere di pioggia e l’edera l’avrà fagocitata per sempre. Solo il fragore di un crollo improvviso ricorderà della sua esistenza. Fonte: Il Cittadino
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