L’Adda  potrebbe essere in buona salute, ma non lo è. Non del tutto, comunque. 
Nonostante sia quasi totalmente protetto da parchi naturali, il fiume  che attraversa il Lodigiano si piazza solo a metà classifica tra i corsi  d’acqua esaminati dal Wwf. Dei 130 chilometri censiti dall’associazione  ambientalista, solo il 30 per cento può vantare la presenza di  vegetazione e zone umide, mentre il 48 per cento è dedicato  all’agricoltura e più del 12 per cento è sacrificato dal consumo di  suolo con abitazioni, cantieri, industrie, capannoni. Inoltre, si  contano 19 scarichi, tra depuratori e scarichi domestici, a cui se ne  aggiungono 12 non identificati. Se si considera invece la popolazione  che nuota sotto la superficie, nei diversi tratti monitorati, le specie  autoctone sono di poco superiori alla metà di quelle presenti; le specie  alloctone, invece, ovvero non tipiche di questo ambiente, sono tra le  13 e le 17, a seconda dei punti presi in esame. Si tratta del siluro,  del barbo europeo, della carpa, della gambusia, del persico reale e  sole.Uno dei progetti considerati tra i più interessanti a livello  nazionale coinvolge l’associazione di pesca sportiva Spinning Club, che  da tempo si batte per la difesa e il ripopolamento della trota  marmorata.Nella giornata di ieri è stato presentato a Roma il dossier  del Wwf “Fiumi d’Italia”, realizzato dopo il censimento “Liberafiumi”  dello scorso maggio, un’iniziativa che ha coinvolto più di 600  volontari, tutti in campo per realizzare una mappa dettagliata di una  trentina di corsi d’acqua. Durante il convegno, Wwf Italia e Spinning  Club Italia hanno firmato l’accordo “Un patto per i nostri fiumi”,  un’intesa per unire le forze a favore dei fiumi e della fauna  ittica.Secondo le analisi messe in campo dai volontari, ai vertici della  classifica si trovano Melfa, Tagliamento, Angitola e Ciane: tutti  possono vantare un buono stato di salute. A metà classifica, in ordine  decrescente, seguono torrente Arzino, Taro, Simeto, Biferno, Sangro,  Piave, Ippari, Magra, Adda, Ofanto, Oreto, Savio. Agli ultimi posti,  infine, chiudono la graduatoria Volturno, Sagittario-Aterno, Arno,  Aniene, Agri, Tevere, Po di Primaro e buon ultimo il Chiascio.«Il  ritardo politico, istituzionale e culturale nella gestione dei fiumi -  si legge nel documento - è forse le principale causa dei mali dei nostri  fiumi. Mali come la canalizzazione e la diffusa infrastrutturazione  della rete idrografica, il consumo dei suoli, la continua distruzione  della vegetazione naturale che cresce lungo le sponde, i progetti di  navigazione come ultima scusa per cavare sabbia e ghiaia, l’aumento  degli usi dell’acqua. Ma anche l’agricoltura, la florovivaistica e la  zootecnia producono impatti ambientali estremamente pesanti ai corsi  d’acqua e alle falde, come succede nella media Pianura Padana tra  l’Oglio, il Po e il Mincio. Gli eccessivi prelievi d’acqua per i  differenti usi, spesso scoordinati tra loro, hanno stravolto i regimi  naturali dei corsi d’acqua, enfatizzando i fenomeni estremi (magre e  piene)». Fonte: Il Cittadino 
 

 

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