Rumore sordo. Clang. Rumore metallico, ripetuto, ossessivo. Immaginate
se nel cuore della notte arriva da fuori - clang, clang - e immaginate
anche il giallo delle cellule fotoelettriche. La notte tra giovedì 19 e
venerdì 20 luglio 2001 a Genova accadde qualcosa che è rimasto un
dettaglio delle cronache. Carlo Giuliani, 23 anni, figlio di un ex sindacalista Cgil è stato
colpito da un colpo di pistola, una Beretta in uso al carabiniere Mario
Placanica che si trovava dentro la jeep. E' la morte di Carlo l'inizio
della fine. Il 21 torna la guerriglia. Nella notte la polizia fa
irruzione nella scuola Diaz dove dormono alcuni manifestanti. Il blitz
trasforma la scuola in una 'macelleria messicana'. Un massacro, un
pestaggio indiscriminato. Molti ragazzi sottoposti a fermo saranno
portati alla caserma di Bolzaneto, dove è istituito un centro di prima
detenzione e dove si verificheranno episodi di vera e propria tortura
psicologica e fisica. Così i ragazzi lo ricordano: La targa di marmo porta inciso il nome di Carlo Giuliani a caratteri azzurri, in stampatello un po' infantile, sono applausi dal palco di Piazza Alimonda mentre le bandiere anarchiche e comuniste si raccolgono tutte nel giardinetto sulla cui erba resterà piantato quel piccolo cippo in ricordo. Si fa musica dal palco e si parla. Parla Giuliano Giuliani, leggendo le testimonianze di quanti hanno lavorato da allora, hanno cambiato la loro vita inseguendo la verità che la giustizia vuole archiviata. Ci sono le testimonianze di altre battaglie, come quella che portò all'uccisione di Peppino Impastato. E quelle di tanti amici, sparsi nella folla: Tano D'Amico, che c'era 10 anni fa e fotografò il corpo di Carlo ucciso da un colpo di pistola, Andrea Rivera, Luigi Ciotti, Vittorio Agnoletto. C'è Mark Covell, che fu quasi ammazzato, nella notte della Diaz, a cui Genova rende omaggio conferendogli la cittadinanza onoraria. “E' strano – dice – perché io sono cittadino di nulla”. E però si emoziona, abbraccia tutti quelli che gli sono accanto in una lunga battaglia giudiziaria. Chiede “giustizia”. Haidi è circondata da mille ragazzi. Sono tutti suoi figli questi giovani anarchici o comunisti che le mostrano i loro manifesti, i loro lavori, grandi striscioni per raccontare le speranze che portarono in piazza 10 anni fa. Don Gallo ha il sigaro in bocca e un mazzo di rose per Haidi quando sale sul palco: “Io ero con questi ragazzi nei giorni del G8 e poi non ho mai mancato di venire a piazza Alimonda, a piazza Carlo Giuliani ogni anno”. Ricorda la pretesa “cinica” del fondo monetario, delle banche mondiali, delle organizzazioni del commercio di essere gli unici a rappresentare il mondo. E invece “quei ragazzi avevano ragione e ora si vede”. E' il senso più profondo di queste giornate genovesi, ricucire il tempo che ha portato fino ai referendum per l'acqua e contro il nucleare, ricostruire il senso di un percorso cominciato tanto tempo fa e andare avanti. Fonte: L'Unità.it