Trentasette infrazioni di rilievo penale alle norme ambientali, 45
persone denunciate all’autorità giudiziaria, 16 tra aree e impianti
sequestrati: sono i dati dell'attività di polizia ambientale effettuata
nel 2010 nel Lodigiano secondo l'ultimo «Rapporto ecomafia in Lombardia»
diramato ieri da Legambiente.
L’associazione del cigno evidenzia che il numero delle infrazioni contestate nel Lodigiano è stato in crescita rispetto all’anno precedente, nel quale pure la procura della Repubblica non aveva mancato di darsi da fare, e fornisce solamente un dato che appare confortante: l'abusivismo edilizio, almeno nelle sue forme più gravi, non sembra abitare nel Lodigiano, dato che nella classifica “il ciclo del cemento“ in cui Legambiente ha raccolto anche inchieste su escavazioni abusivi e appalti pubblici, Lodi si colloca assieme a Monza, uniche tra le 12 province lombarde, a quota zero denunce e zero indagati. Un numero che fa riflettere se si pensa che invece a Bergamo nello stesso anno 2010 erano state denunciate 211 persone.Ma, come era stato già anticipato da «Il Cittadino», questa edizione 2011 del rapporto ecomafie dedica parecchio spazio al Lodigiano, come mai accaduto in precedenza.Viene citato, ad esempio, il sequestro della discarica di Coste Fornaci, che proprio mentre il rapporto veniva diffuso in queste ore è stato reiterato dalla Dda di Milano, che a seguito di una nuova norma ha preso in carico tutte le inchieste per “attività organizzata” di gestione illecita di rifiuti (senza che dietro ci sia necessariamente la mafia). Nelle 37 pagine c’è anche un aggiornamento su Italia 90, in relazione al sequestro del capitale dell'azienda da parte della procura di Palermo che la riconduce a un boss di Cosa nostra. E poi, ancora, l'inchiesta sugli incendi di rifiuti (“non solo in Campania”, titola Legambiente) avvenuti a Ospedaletto Lodigiano, Coste Fornaci (Casalpusterlengo), Boffalora d’Adda, Lodi Vecchio, San Zenone al Lambro e Colturano, dove a bruciare sono stati impianti di trattamento e separatori dei rifiuti, muletti, nastri trasportatori, tonnellate di materiale plastico, alcuni cassoni di rifiuti, cassoni all’interno di piazzole ecologiche comunali, automezzi utilizzati per il trasporto dei rifiuti, per non dimenticare la terra potenzialmente inquinata scavata a Milano da presunti affiliati alla ‘ndrangheta e scaricati nei terreni di un agricoltore di Spino d’Adda ritenuto dagli investigatori compiacente. Fonte: Il Cittadino
L’associazione del cigno evidenzia che il numero delle infrazioni contestate nel Lodigiano è stato in crescita rispetto all’anno precedente, nel quale pure la procura della Repubblica non aveva mancato di darsi da fare, e fornisce solamente un dato che appare confortante: l'abusivismo edilizio, almeno nelle sue forme più gravi, non sembra abitare nel Lodigiano, dato che nella classifica “il ciclo del cemento“ in cui Legambiente ha raccolto anche inchieste su escavazioni abusivi e appalti pubblici, Lodi si colloca assieme a Monza, uniche tra le 12 province lombarde, a quota zero denunce e zero indagati. Un numero che fa riflettere se si pensa che invece a Bergamo nello stesso anno 2010 erano state denunciate 211 persone.Ma, come era stato già anticipato da «Il Cittadino», questa edizione 2011 del rapporto ecomafie dedica parecchio spazio al Lodigiano, come mai accaduto in precedenza.Viene citato, ad esempio, il sequestro della discarica di Coste Fornaci, che proprio mentre il rapporto veniva diffuso in queste ore è stato reiterato dalla Dda di Milano, che a seguito di una nuova norma ha preso in carico tutte le inchieste per “attività organizzata” di gestione illecita di rifiuti (senza che dietro ci sia necessariamente la mafia). Nelle 37 pagine c’è anche un aggiornamento su Italia 90, in relazione al sequestro del capitale dell'azienda da parte della procura di Palermo che la riconduce a un boss di Cosa nostra. E poi, ancora, l'inchiesta sugli incendi di rifiuti (“non solo in Campania”, titola Legambiente) avvenuti a Ospedaletto Lodigiano, Coste Fornaci (Casalpusterlengo), Boffalora d’Adda, Lodi Vecchio, San Zenone al Lambro e Colturano, dove a bruciare sono stati impianti di trattamento e separatori dei rifiuti, muletti, nastri trasportatori, tonnellate di materiale plastico, alcuni cassoni di rifiuti, cassoni all’interno di piazzole ecologiche comunali, automezzi utilizzati per il trasporto dei rifiuti, per non dimenticare la terra potenzialmente inquinata scavata a Milano da presunti affiliati alla ‘ndrangheta e scaricati nei terreni di un agricoltore di Spino d’Adda ritenuto dagli investigatori compiacente. Fonte: Il Cittadino