La trattativa tra Eni e centrosinistra sandonatese per il nuovo campus
aziendale si prepara ad entrare nel vivo. In gioco c’è l’eventuale
ritiro del ricorso al Tar (Tribunale amministrativo regionale)
presentato da sei sandonatesi legati al Pd e alle forze di opposizione, i
quali con la loro iniziativa hanno chiesto l’annullamento del piano
urbanistico (per la precisione un Programma integrato di intervento)
riguardante la realizzazione del nuovo centro direzionale. Sul tappeto:
la proposta del colosso petrolifero che punta a chiudere lo scontro con
un pacchetto di offerte rivolte alla città. Dopo il secondo incontro con
i vertici di Eni Servizi, particolarmente animato, che si è tenuto
giovedì sera, le singole forze in campo presenteranno le loro
controproposte. Intanto, nella giornata di ieri si sono alzate le prime
reazioni. «Sono stati usati termini che considero offensivi - sostiene
il capogruppo della lista “Noi per la città” Gabriella Achilli -:
parlano di politica che vuole estorcere ad Eni, senza assolutamente
citare che il piano approvato consente ad Eni, oltre alla volumetria
prevista dal piano regolatore, altri 48mila metri cubi: per comprenderne
la portata, basti pensare che quattro torri del laghetto sono 45mila
metri cubi. Il tutto in deroga ai requisiti di verde, prevedendone un
decimo di quello richiesto e tutto ciò in aggiunta ai problemi
viabilistici e di inquinamento che il campus porterà alla città».
Passando ai democratici, il portabandiera Andrea Pasqualini ha affermato
a caldo: «Per provare a superare la situazione avanzeremo le nostre
proposte, che abbiamo già mostrato alla città in varie assemblee
pubbliche, ma che sono sempre state respinte. Risulta difficile capire
come i ricorrenti possano ritirare il ricorso se il documento di Eni è
vago e non presenta nulla che vada incontro alle istanze dei cittadini».
Nel caso infatti in cui le parti dovessero individuare un punto di
incontro in una partita che si prospetta comunque difficile e dai tempi
stretti, vorrebbe dire che i simboli di centrosinistra dovrebbero
convincere i singoli ricorrenti, che hanno aperto una battaglia condotta
in nome della qualità della vita, a compiere un passo indietro in
cambio di un pacchetto di benefici per San Donato. «Ci siamo seduti a
questo tavolo e continueremo ad esserci - fa sapere il capogruppo dei
Verdi, Marco Menichetti - per vedere se fosse possibile arrivare ad un
confronto con Eni giocato su prospettive concrete circa i temi che ci
stanno a cuore, come la mobilità, le azioni per contrastare il traffico e
lo smog, l’occupazione. Per quanto ci riguarda posso dire che
perseguiremo l’obiettivo di tenere alte quelle azioni a vantaggio del
territorio di cui Dompé, in fase di trattativa con Eni, si è totalmente
dimenticato». E riguardo le eventuali nuove assunzioni, di cui era corsa
voce senza conferme, legate a questa operazione edificatoria, gli
esponenti politici locali tengono a chiarire: «Si è avuta conferma che
le occasioni di lavoro legate al piano urbanistico non sono le mille o
3mila di cui parlava il sindaco, ma forse poche decine. Altri lavoratori
sono ipotizzati nel caso in cui gli uffici lasciati liberi da Eni nel
quinto palazzo, per eccessiva onerosità dell’affitto, vengano occupati
da qualche altra azienda». Proseguendo nella carrellata, l’esponente di
Rifondazione comunista, Massimiliano Mistretta, commenta: «Noi abbiamo
colto l’occasione per anticipare le nostre istanze che metteremo nero su
bianco nei prossimi giorni in un documento che partirà dalla richiesta
di integrare l’area verde di Monticello, un appezzamento che Eni in
passato non era riuscito, con la cessione con la Campagnetta di via
Vittorio o con il parcheggio Pirelli a Metanopoli, a cui si
aggiungeranno altre richieste sempre a vantaggio della città»,Fonte: Il Cittadino