giovedì 19 gennaio 2012

Pittura e Arte: L' incantevole stile barocco nelle pennellate di Francesco Solimena

F. Solimena - "Madonna col Bambino" (Collezione privata - Milano) 

Considerato uno degli artisti che meglio incarnarono la cultura tardo-barocca in Italia. Si formò presso la bottega del padre Angelo, a Nocera de' Pagani (oggi Nocera Inferiore), città originaria della madre, Marta Resigniano, dove viveva la sua famiglia, rifacendosi dapprima alle opere di Francesco Guarini e successivamente, trasferitosi a Napoli e resosi autonomo nello stile, cominciò a guardare con interesse alla pittura scenografica e fantasiosa di Luca Giordano ed a quella tenebrista di Mattia Preti. Le opere tra il 1670 e il 1680 tra cui si ricordano Il Paradiso nella cattedrale di Nocera e la Visione di San Cirillo d'Alessandria nella chiesa di San Domenico a Solofra furono eseguite in collaborazione col padre. Le opere eseguite successivamente al 1680, manifestarono sempre più il distacco dalla pittura naturalista che diverrà progressivamente adesione al gusto barocco. Vanno menzionate a questo proposito gli affreschi di San Giorgio a Salerno, e le tele delle Virtù della sacrestia di San Paolo Maggiore a Napoli. Nella tela di San Francesco rinunzia al sacerdozio nella chiesa di Sant'Anna dei Lombardi (1691-1692) è invece evidente l'influenza di Mattia Preti. Lo stile pittorico nuovo, con l'avvicinamento all'Arcadia, ebbe la sua consacrazione ne La cacciata di Eliodoro dal tempio al Gesù Nuovo e negli affreschi della cappella di San Filippo Neri ai Gerolamini. La lapide nella chiesa di San Domenico a Barra. Nel 1728 gli fu commissionato dal cardinale Michele Federico Althann, viceré di Napoli e vescovo nella città ungherese di Vác, una tela raffigurante il prelato nell'atto di offrire all'imperatore d'Austria Carlo VI il catalogo della pinacoteca imperiale (oggi al Kunsthistorisches Museum di Vienna), che "suscitò un vero entusiasmo". Un ritorno ai lavori giovanili si andò evidenziando a partire dal 1735 come ad esempio nei dipinti realizzati nella Reggia di Caserta su committenza di Carlo di Borbone. Lavorò per le maggiori corti europee, pur senza muoversi quasi mai da Napoli. Morì nella sua villa di Barra (quartiere di Napoli) il 5 aprile 1747, ed i suoi resti sono conservati all'interno della chiesa di San Domenico. Fra i suoi allievi vi furono Paolo Gamba, Ferdinando Sanfelice e Domenico Antonio Vaccaro, Romualdo Formoso e Michele Foschini. Il Comune di Napoli, la circoscrizione di Barra, e i padri Domenicani, nel 250º anniversario della sua morte, apposero una lapide sulla sua tomba all'interno della Chiesa di San Domenico.
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