venerdì 10 febbraio 2012

San Donato - Dompè annuncia: «Non mi ricandido»

Mario Dompè ha deciso: niente bis, chiude dopo cinque anni da sindaco. Non sarà il candidato unico del centrodestra a maggio. L’ha annunciato ieri in via ufficiale, precisando che la decisione esclude la possibilità di poter rappresentare «tutto il centrodestra», quindi l’arco politico Pdl-Lega nord ed alleati caso per caso.
Non esclude «l’ipotesi di presentare alle comunali la nostra lista civica in posizione di supporto o di autonomia rispetto al centrodestra, a seconda delle scelte che adotterà quest’ultimo». Di totonomi (salgono le quotazioni di Marco Zampieri, assessore ai servizi sociali, nda) non parla, anche se dice chiaro e tondo che «l’impostazione della maggioranza che ho guidato non deve essere sperperata, sia per ragioni politiche che più profondamente amministrative». È quindi gradito un nome che non rompa di colpo l’esperienza civico-centrista di “La città domani”, la lista sorpresa del 2007. Dopo poche sillabe il 56enne sindaco uscente specifica: «Ho scelto di non ripropormi un anno fa, per ragioni personali, e non negli ultimi tempi», mandando il messaggio che la turbolenta vita di palazzo dell’ultimo anno non c’entra. Non c’entrano i numeri di maggioranza: «La maggioranza c’è - dice -, le persone che sono state con me hanno sempre consentito di superare tutti i passaggi consiliari». Non c’entra la Lega nord che ha portato la “curva” in consiglio comunale e ha urlato “mai più Dompè”: «Con i leghisti, intendo coi singoli militanti, io non ho mai avuto alcun contrasto - evidenzia Dompè -, piuttosto il problema nella Lega come ovunque è la gerarchia di partito, la casta, i capoccia che stanno lì per interesse personale». E conclude il trittico di riflessioni sugli alleati (ex o futuri) ricordando che «nel 2007 il centrodestra unitario a San Donato non c’era, l’abbiamo inventato noi». Nel giorno dell’addio a una poltrona precisa, non a tutte quelle in ballo, Dompè insiste molto su una sobrietà nell’interpretare il ruolo: «Ho fatto il primo sindaco di San Donato senza auto blu, senza autista e senza stipendio. Sottolineo: ho “fatto” il sindaco e non sono “stato” sindaco perché essere politici prima che persone è quella degenerazione partitocratica che ha incagliato l’Italia». Ma ad uno che lascia è inevitabile chiedere con quale muro si sia scontrato. «Amministrare oggi è misurarsi con resistenze cieche di vario genere - annota -, ad esempio quella dei regolamenti interni. Quando in un Comune, come l’ho trovato io, si assegna ai dirigenti il 100 per cento del premio produttività per il sessanta per cento degli obiettivi raggiunti, il sistema è folle. Ma questa è la follia incentivata dai sogni vuoti della sinistra che ci ha distrutti ieri, e ora vuol tornare senza sapere minimamente cosa troverà». A sorpresa non boccia tanto il suo diretto predecessore, Achille Taverniti, quanto l’indiretto Gabriella Achilli: «Fu lì, negli anni di Achilli - esterna - che si sperperò l’incredibile, i 15 miliardi per il centro Snam, incoraggiando un’esibizione vuota di socialità che ha il suo simbolo negli alberi di ferro sulle strade, ora fortunatamente rimossi». Poi l’addio passa dal malgoverno altrui al buongoverno di casa propria. Le “bombe” lasciate da disinnescare dalle rovine fumanti della sinistra sono diventate medaglie: «Chiuderemo l’ultimo bilancio preventivo assicurando 3 milioni di euro di avanzo d’amministrazione e con l’Ici al 4 per mille, dove l’abbiamo lasciata. Non abbiamo urbanizzato un metro di terreno in più, tutti recuperi compresa cascina Monticello dove si potrà comprare casa, a San Donato, a 2400 euro al metro quadro. Abbiamo 5800 utenti di un Parco ex Snam sceso a zero, chiuso del tutto, con l’avventura Gism. Non c’era una mensa scolastica a norma, non c’era un certificato antincendio adeguato. Abbiamo fatto un appalto per l’illuminazione pubblica da 21 milioni, andando a sanare una situazione in cui un terzo dei punti luce non funzionava. Nessuna impresa esclusa ha fatto ricorso. Ditemi dove accade questo in uno scenario in cui le aziende si disputano i pochi contratti pubblici».Fonte: Il Cittadino
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