venerdì 2 marzo 2012

Milano - Alla Triennale il campus Eni senza veli

Il sesto palazzo uffici Eni, visto dal cielo, sarà un “nastro” continuo che trasmetterà un’impressione di leggerezza a dispetto delle volumetrie di decine di migliaia di metri cubi. Non c’è dubbio che dall’aereo, arrivando a Linate, proveranno ad identificarlo.
Dividerà il primo palazzo, il “castello di vetro” dalla chiesa di Santa Barbara e dai quartieri di Metanopoli, ma non oscurerà la visuale della città razionalista dell’energia. Con la geniale intuizione di una concezione “a cuneo” dei corpi costruttivi - quindi sopraelevazione - permetterà di attraversare con la vista la cittadella del futuro e guardare quella del passato: il primo palazzo costruito esattamente sessanta anni fa. Era il 1952 infatti quando fu posata la prima pietra della città del “cane a sei zampe”. E il sesto palazzo non nasconde un’ambizione: essere la meraviglia “fuori porta” di Expo Milano 2015. Bisogna correre contro il tempo e non è facile, hanno osservato ieri pomeriggio alla Fondazione Triennale di Milano gli intervenuti alla vetrina di “Un nuovo segno”, mostra che assembla i dieci progetti migliori fra i 52 selezionati per il “nuovo segno Eni”: l’edificio del settore Exploration & Production, il ramo del “cane a sei zampe” che si attesterà nel cosiddetto De Gasperi est. Ha vinto l’elaborato proposto da Morphosis Architects, gruppo di società di progettazione americane nato nel 1972 su un’idea di Thom Mayne (che sarà personalmente alla Triennale il 13 marzo) composto da Setec Tpi, Setec Batiment, Pasodoble, Nemesi&Partners. L’idea uscita dall’atelier che ha progettato le Sun Tower di Seul in Corea del Sud è quella di evidenziare un’architettura-paesaggio densa di simboli. La fluidità ne è indubbiamente caratteristica più espressiva. Il sesto palazzo Eni, come voluto dallo studio di architettura d’avanguardia, appare quasi “galleggiare” con quel cuneo che punta a sud-ovest dichiarando apertamente la sua parentela con qualcosa che sa di astronave. Non che gli altri nove finalisti abbiano fatto di meno: c’è chi ha pensato ad edifici a prua di nave, chi a palazzi costruiti da cerchi come bolle di sapone, chi a parchi fotovoltaici che sembrano arrivare da altri pianeti. Tuttavia la figura morbida del futuro sesto non è avulsa dalla storia che lo circonda perché «le linee fluide e continue ricordano che il mondo Eni è quello dell’energia, della trasformazione di materia in energia e delle nuove tecnologie», ha osservato durante la vetrina Salvatore Sardo, direttore risorse umane della company, presente con Angelo Caridi, che ha presieduto la giuria della kermesse planetaria. È stato sottolineato (forse fin troppo), che i 65mila metri quadrati degli uffici E&P, i 200 milioni spesi e i 3500 addetti, «rappresentano la prova tangibile di una fiducia che si continua ad accordare agli investimenti effettuati in Italia, al di là della nostra burocrazia bloccante e della perdita di terreno rispetto a Nazioni come la Gran Bretagna, che riesce a far passare da carta a realtà 11 miliardi di opere per le Olimpiadi del 2020 in quattro anni». Anche il sindaco Mario Dompè, invitato a prendere la parola, ha fatto riferimento alle battaglie amministrative in consiglio e al Tar come «follìe che ci hanno fatto perdere tempo in questo grande obiettivo», e auspica che «con il sesto palazzo l’eredità di Mattei sia un simbolo sempre più unificante per la nostra città». A margine dell’evento non è mancato un presidio di protesta promosso da Sel (Sinistra, ecologia e libertà), che ha esposto uno striscione su cui vi era scritto: “Nuovi posti di lavoro e un impegno a favore dell’ambiente. È questa l’Eni che vogliamo a San Donato Milanese”.Fonte: Il Cittadino
Related Posts Plugin for WordPress, Blogger...