mercoledì 26 settembre 2012

Lambro, nessuno chiede i danni

Si è aperta ieri mattina a Monza l'udienza preliminare per ipotesi di disastro ambientale doloso e reati fiscali a carico dei titolari della Lombarda Petroli Giuseppe e Rinaldo Tagliabue e di quattro loro dipendenti, ma al gup Giovanni Gerosa non sono state depositate costituzioni di parte civile provenienti dal Lodigiano o dal Sudmilano.
In tutto, a chiedere i danni per la marea nera di 2.600 tonnellate di gasolio e olio combustibile che nel febbraio del 2010 si riversò nel depuratore di Villasanta e quindi nel Lambro e nel Po sono, al momento, una ventina di soggetti: il ministero dell’Ambiente, che finora si è fatto carico delle spese di bonifica ed è l'uinco titolato a chiedere danni ambientali, le Regioni Lombardia ed Emilia Romagna, la Provincia di Monza e Brianza, i Comuni di Piacenza e Monticelli d’Ongina, l'Agenzia delle entrate, l’Agenzia delle dogane, l'Aipo, le società Brianza Acque, Enel Greenpower e Alsi Alto Lambro, le associazioni Legambiente Lombardia, Wwf Italia, Verdi ambiente e società, Anpana (Associazione nazionale protezione animali natura ambiente onlus - guardie ecozoofile), Co.di.ci., Earth e il Parco Alta Valle del Lambro.La Provincia di Lodi e gli altri Comuni attraversati dalla marea nera non si sono presentati. Tecnicamente c’è tempo fino alla prima udienza del processo. «Per il Lambro abbiamo un progetto di riqualificazione - osserva l'assessore provinciale di Lodi al territorio Nancy Capezzera -, ma in giunta di questa costituzione in giudizio non ho sentito parlare. A mio parere comunque le norme a tutela dell'ambiente devono essere severe e efficaci, e non mi sembra che oggi sia così, anzi».L’udienza a Monza è stata aggiornata a novembre: «Dobbiamo valutare tutte le richieste di costituzione - spiega l’avvocato Giuseppe Bana di Milano, uno dei difensori dei Tagliabue. Nel merito dell'accusa, ovviamente, ci difenderemo, è un fatto tutto da discutere». Due addetti alla contabilità della Lombarda Petroli, imputati per reati fiscali, hanno chiesto di patteggiare. Secondo i pm Emma Gambardella e Donata Costa, che avevano escluso l'ipotesi di un sabotaggio per interessi immobiliari sull’area, sarebbero stati i vertici stessi dell’azienda a ordinare di svuotare i serbatoi sapendo che era in arrivo una verifica dell'Agenzia delle dogane, per disperdere le prove di una doppia contabilità. L'azienda ha già pagato 900mila euro al fisco, ma la tesi accusatoria è ritenuta al momento indiziaria. «Legambiente non può non essere in questo processo, dato che ci occupiamo del Lambro fin dagli anni Novanta - spiega Sergio Cannavò, responsabile nazionale dei centri di azione giuridica del cigno -: chiediamo che i responsabili di questo scempio ambientale paghino, per danni che sono dell'ordine dei milioni di euro, a cominciare dal bitume che potrebbe essere rimasto sul fondo del Lambro».Fonte: Il Cittadino

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