Ancora “misteri” sull’impianto di biogas che sta per essere avviato a
Occhiò, frazione di San Giuliano fra Viboldone e la via Emilia. Alle
spalle del sito principale, cioè dei silos e dei motori per la
produzione di energia elettrica, sono comparsi degli enormi sbancamenti
di terreno, quasi delle trincee, che hanno suscitato interrogativi a
pioggia da parte di chi si è accorto del “fuori programma”. Perchè gli
scavi sono fuori, non dentro il perimetro. In primo luogo gli
ambientalisti di Italia Nostra, che si sono muniti di macchina
fotografica e hanno documentato qualcosa che non sembra esserci sui
progetti dell’installazione di Occhiò. La serie di scavi e di
sbancamenti è visibile in direzione sud-est, verso la statale 9 e
cascina Vettabiolo. Le strutture non sono invece visibili da via per
Occhiò, dove c’è l’accesso principale alla centrale che dovrebbe
cominciare a funzionare proprio in questi giorni, forse entro la fine
della settimana una volta fatto l’allacciamento alla rete elettrica. Gli
enigmatici ampliamenti sono di due tipi. L’intervento più impattante è
costituito da un paio di “crateri”, di forma a grandi linee circolare,
con un diametro interno di diverse decine di metri. Si notano inoltre
piste più ridotte, quasi delle strade provvisorie, che circondano la
zona esterna all’area di produzione di bioenergie. L’impianto vero e
proprio, stando al progetto approvato dalla Provincia di Milano, dal
Parco Sud e dal Comune di San Giuliano Milanese, è grande 2500 metri
quadrati all’interno di un’ulteriore area transennata più o meno
equivalente a due ettari. I due ettari sono perimetrati da dune in
rilevato che nascondono alla visuale l’area del sito. “Nascondono” fino a
un certo punto, perchè le dune non hanno ancora un solo albero
piantumato e i tendoni sopra le vasche di fermentazione, col loro colore
bianco, si vedono già da Pedriano. Se la situazione estetica
dell’impianto è destinata comunque a migliorare con le barriere
alberate, permane il mistero più fitto su cosa rappresentino i nuovi
“buchi”. Le ipotesi sono quelle di una struttura secondaria collegata al
sito, forse vasche di decantazione dei fanghi reflui prodotti, o
addirittura l’“avamposto” di un’estensione della centrale a biogas. I
terreni su cui insistono gli scavi rientrano nei 180 ettari che
serviranno a fornire mais per le agroenergie. Italia Nostra Sud est
Milano sta valutando un esposto legale sulla questione, considerando
anche il fatto che sotto le cave c’è un’area archeologica connessa alla
via Emilia romanaFonte: Il Cittadino
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