sabato 24 novembre 2012

San Giuliano - Il biogas a Occhiò, stop al raddoppio

Biogas di Occhiò, il Parco agricolo Sud Milano ci vuole vedere chiaro. Le “cave” comparse a sud-est dell’impianto sono entrate nell’orbita di accertamenti condotti dal Parco e della polizia provinciale, che potrebbe attuare un’ispezione nel giro di pochissimo. L’ipotesi è che gli sbancamenti visibili al di fuori del perimetro del sito costituiscano fondazioni per un ampliamento dello stesso (in pratica, una “Occhiò 2”), senza però l’autorizzazione degli enti competenti fra i quali Parco Sud, Soprintendenza archeologica e Comune. L’esistenza di un’enorme “trincea” al di fuori del sito in senso stretto - cioè delle cupole e vasche di fermentazione che sono già pronte a funzionare - è stata osservata per primi dagli attivisti di Italia Nostra Sud Est Milano, che hanno documentato lo strano paesaggio “lunare” nella zona dell’antico abitato agricolo poco lontano dalla via Emilia. Attorno all’area perimetrata dalle dune di mascheramento ci sono due scavi nel terreno di maggiori dimensioni, e una serie di piste in mezzo ai mucchi di terra. Il tutto sembra disegnare una sorta di pre-ampliamento della struttura destinata a produrre energia elettrica utilizzando mais, il trinciato prodotto nei 200 ettari delle campagne attorno. Oppure potrebbero essere strutture di servizio all’impianto autorizzato, ma anche queste esterne all’area di produzione in senso stretto. In ogni caso il biogas sangiulianese non può ampliarsi perchè l’ente Parco ha negato il permesso bis. «La conferenza di servizi si è chiusa con la negazione dell’apertura del secondo sito - ribadiscono gli uffici dell’ente presieduto da Guido Podestà- l’iter è andato avanti fino a pochi giorni fa ed ha rilasciato un solo permesso. Ad Occhiò può entrare in funzione il primo fermentatore, non il secondo». Da Milano fanno capire anche che «ci sono prescrizioni paesaggistiche non rispettate in quello che si sta facendo». Il sospetto degli ambientalisti locali (la cui iniziativa è del tutto indipendente da quella delle istituzioni milanesi) è che appunto l’enorme “scasso” sia una sorta di testa di ponte per lanciare la seconda struttura, portando quindi a quattro i silos. Di mezzo c’è anche il problema archeologico, con mattoni romani e frammenti di monete che spuntano accanto al “cratere”.Fonte: Il Cittadino

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