Biogas di Occhiò, il Parco agricolo Sud Milano ci vuole vedere chiaro.
Le “cave” comparse a sud-est dell’impianto sono entrate nell’orbita di
accertamenti condotti dal Parco e della polizia provinciale, che
potrebbe attuare un’ispezione nel giro di pochissimo. L’ipotesi è che
gli sbancamenti visibili al di fuori del perimetro del sito
costituiscano fondazioni per un ampliamento dello stesso (in pratica,
una “Occhiò 2”), senza però l’autorizzazione degli enti competenti fra i
quali Parco Sud, Soprintendenza archeologica e Comune. L’esistenza di
un’enorme “trincea” al di fuori del sito in senso stretto - cioè delle
cupole e vasche di fermentazione che sono già pronte a funzionare - è
stata osservata per primi dagli attivisti di Italia Nostra Sud Est
Milano, che hanno documentato lo strano paesaggio “lunare” nella zona
dell’antico abitato agricolo poco lontano dalla via Emilia. Attorno
all’area perimetrata dalle dune di mascheramento ci sono due scavi nel
terreno di maggiori dimensioni, e una serie di piste in mezzo ai mucchi
di terra. Il tutto sembra disegnare una sorta di pre-ampliamento della
struttura destinata a produrre energia elettrica utilizzando mais, il
trinciato prodotto nei 200 ettari delle campagne attorno. Oppure
potrebbero essere strutture di servizio all’impianto autorizzato, ma
anche queste esterne all’area di produzione in senso stretto. In ogni
caso il biogas sangiulianese non può ampliarsi perchè l’ente Parco ha
negato il permesso bis. «La conferenza di servizi si è chiusa con la
negazione dell’apertura del secondo sito - ribadiscono gli uffici
dell’ente presieduto da Guido Podestà- l’iter è andato avanti fino a
pochi giorni fa ed ha rilasciato un solo permesso. Ad Occhiò può entrare
in funzione il primo fermentatore, non il secondo». Da Milano fanno
capire anche che «ci sono prescrizioni paesaggistiche non rispettate in
quello che si sta facendo». Il sospetto degli ambientalisti locali (la
cui iniziativa è del tutto indipendente da quella delle istituzioni
milanesi) è che appunto l’enorme “scasso” sia una sorta di testa di
ponte per lanciare la seconda struttura, portando quindi a quattro i
silos. Di mezzo c’è anche il problema archeologico, con mattoni romani e
frammenti di monete che spuntano accanto al “cratere”.Fonte: Il Cittadino
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