Una stretta di mano tra il sindaco Andrea Checchi e alcuni
rappresentanti della comunità di nomadi romeni che vive in un campo
all’ombra dei ruderi di cascina San Francesco. Nella giornata di ieri,
il primo cittadino, insieme ad alcuni assessori, accompagnato dal
comandante della polizia locale Fabio Allais, si è recato nella parte di
San Donato in attesa di sviluppo, per aprire un dialogo con il gruppo
di famiglie accampate sotto tende di fortuna nell’area di proprietà
dell’immobiliare Asio. «Abbiamo incontrato alcune donne e degli anziani -
spiega Checchi - con cui abbiamo tentato, con una serie di difficoltà
legate alla lingua, di aprire un dialogo: li aiuteremo, in
collaborazione con la giunta di Pisapia, ad individuare una collocazione
migliore». E prosegue: «Ci sono molti aspetti che devono passare da un
confronto tra le istituzioni e questa comunità, a partire
dall’inserimento a scuola dei minori, che sono una quindicina». Se
infatti alcuni figli dei nomadi che hanno trovato rifugio a San Donato,
nel comparto dove l’Inter ha accarezzato l’idea realizzare il nuovo
stadio, sono già inseriti nei plessi del territorio, altri devono ancora
prendere posto tra i banchi, in attesa di un eventuale trasloco. «C’è
un aspetto anche organizzativo con i circoli didattici - riprende il
sindaco - , di cui dobbiamo tenere conto». Per il momento ha parlato con
alcune donne, che ha incontrato tra le tende, ma da un conteggio di
massima l’accampamento dovrebbe ospitare una cinquantina di persone. In
prima battuta l’esecutivo aveva la necessità di conoscerli, di sapere
chi e quanti sono, in quali condizioni si trovano, se ci sono situazioni
di emergenza, al fine di capire come poterli aiutare. Dal sopralluogo
arriva conferma che non hanno elettricità, cucinano e si scaldano con
delle stufe in una stagione che rappresenta indubbiamente il periodo più
difficile da affrontare, tra le intemperie e i mille disagi di chi deve
improvvisare. Da quanto è emerso sono romeni, ma non di etnia rom che,
dopo la fuga da loro Paese per riuscire a scampare alle condizioni di
assoluta povertà, una volta giunti in Italia, hanno dovuto ancora una
volta sfoderare l’arte di arrangiarsi. Sono in possesso di poche
suppellettili che utilizzano nella vita di tutti i giorni e sempre con
materiale di risulta hanno allestito delle baracche. «Quanto prima avrò
un colloquio con gli assessori di Milano - conclude Checchi -, e
comunque prima di Natale tornerò a trovarli, per far loro gli auguri».Fonte: Il Cittadino
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