Per la sua imponenza, e ai tempi per la sua disposizione e decorazione che ne facevano un autentico gioiello, fu, in occasione dell’inaugurazione, soprannominato “Palazzo Chigi” come se fosse il palazzo romano del governo, nome con cui tutt’ora a Secugnago è conosciuta la struttura. L’edificio fu costruito nel 1930 dalla famiglia Spoldi, proprietaria di un piccolo stabilimento di dolciumi, che successivamente fallì costringendo i proprietari a vendere il palazzo alla famiglia Fornaroli. Il palazzo ai tempi della costruzione era moderno e con soluzioni tecniche d’avanguardia: aveva soffitti in cemento e un impianto di distribuzione dell’acqua nelle abitazioni direttamente dal pozzo che con apposita pompa, attraverso un galleggiante, alimentava un serbatoio dell’acqua ubicato nel sottotetto, da cui partiva la distribuzione. In paese non esisteva ancora l’acquedotto. Per i secugnaghesi era motivo di orgoglio risiedere in quel palazzo tanto che nel 1939 vi abitò anche il sindaco Angelo Squintani.Il palazzo era anche l’unico edificio, uscendo dal paese, sul lato sinistro della via Emilia, ora via Veneto, prossimo alla scuola elementare. Per accedervi bisognava passare un ponticello sopra la roggia Casala.Lo scorrere lento ma inesorabile del tempo ha però pesantemente condizionato il futuro di questa struttura che sarà però “salvata” grazie ad una intelligente opera di recupero che vede impegnato in veste progettuale il geometra secugnaghese Alessandro Colonna e l’impresa esecutrice di Pietro Monico.«Intendiamo eseguire un intervento complesso e completo - ci dicono- che riporti “palazzo Chigi” al suo antico splendore e a punto di riferimento, come fu quasi un secolo fa, per l’intero settore edilizio residenziale del paese. Naturalmente la struttura è ormai decisamente rovinata a tal punto che diventa difficile ed anacronistico pensare di ripristinarla nelle sue originali funzioni. Ci sono problemi tecnici dovuti per esempio ad un dislivello di almeno 60 centimetri tra l’abitazione ed il piano viabile antistante, problematiche legate all’isolamento ed alla dispersione energetica dei locali, ai collegamenti fognari. Intendiamo però riproporre la facciata di inizio 900 ed edificare una struttura, moderna e funzionale».
Fonte: Il Cittadino
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