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Il patrimonio archeolgico non è l’unica ricchezza di una città che nasconde preziose testimonianze di fede e di civiltà.Dalle cappelle votive al “palasson”, dalle cascine alla parrocchiale.
Se a un visitatore occasionale giunto a Lodi Vecchio, attratto magari dai profumi della sagra, non può certo sfuggire l’imponente mole della basilica dei XII Apostoli, occorre un gusto particolare per la scoperta e la conoscenza dei luoghi per scovare quegli angoli nella ciità che nascondono opere artistiche di pregio o di semplice suggestione, meritevoli di una sosta.Il tempio bassianeo spicca nei campi alla sinistra della provinciale che giunge da Lodi, punto d’inizio di un ideale percorso attraverso le testimonianze del passato che Lodi Vecchio custodisce gelosamente, ma altrettanto generosamente esibisce a chi è in grado di apprezzarle.È il caso di tre cappelle rurali, raggiungibili a breve distanza dalla basilica. La cappella dei SS nabore e Felice, dedicata ai due martiri cristiani decapitati, sorge ad esempio a lato del fiume Sillaro. Una grande cancellata in ferro battuto difende un affresco che risale alla prima metà del Seicento. Fu restaurata nel 1836 a compimento di una terribile epidemia di colera La cappella della Madonna della Valletta sorge invece nella omonima zona dove scorreva una volta il canale Tribulzio e sopra un pilastro di un incavo del canale era dipeinta l’immagine della Vergine. Oer raggiungere invine la cappella di Santa Maria Rossa ci si deve invece inoltrare da una stradetta che parte dalla cascina San Marco: l’edicola votiva sorge in u luogo dove già nel Cinquecento sorgeva un cascinale conosciuto proprio con quel nome.E proprio le cascine rappresentano per la comunità di Lodi Vecchio un patrimonio di cultura e civiltà. Un felice esempio di intreccio tra spirito imprenditoriale e fedeltà alla propria identità storico-culturale è visibile in cascina Gualdane, il cui mulino - costruito nel 1797 - dopo anni di abbandono è stato riattivato dalla proprietà tal quale era all’epoca. Ancora: tra i numerosi insediamenti cascinali che fanno oggi parte integrante dell’agglomerato urbano, ne vanno ricordati, in particolare, tre con vincolo storico: la cascina Dossena, la Santa Maria e la San Marco. La frazione Dossena era sulla antica via romana che collegava Laus Pompeia a Cremona. Nel 1633 faceva comune con Dorada, Malgarotta “preita” e Malgarotta “papa”. La cascina San Marco che riveste il maggior valore storico e architettonico: antica abbazia cluniacense, fu costruita dai monaci sfuggiti alla distruzione di Laus Pompeia. I Cluniacensi furono poi espulsi dalla struttura nel 1438, per avere aderito al concilio di Basilea, ed allora la cascina fu tenuta in commenda; ospitò anche la corporazione dei Carmelitani Scalzi.Tornando al nucleo urbano, a poca distanza dalla sede museale del Conventino si erge palazzo Rho, una costruzione nobiliare di campagna del diciottesimo secolo, meglio conosciuta come “el palasòn”, con scalinate a forma elicoidale, soffitti in legno intarsiato a mano e balconcini in ferro lavorato. La piazza centrale della città è invece dominata da uno degli edifici più antichi arrivati quasi integri fino a noi, cioè la chiesa parrocchiale di San Pietro, parte della omonima abbazia benedettina che fu, dopo la distruzione di Laus Pompeia, il cuore pulsante della rinascita di questo territorio. Nei secoli il volto della parrocchiale è notevolmente cambiato, ma la storia che affonda nelle sue fondamenta le merita una visita che non sia frettolosa.
Fonte: Il Cittadino
Fonte: Il Cittadino
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