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Numerosi gli episodi considerati “sospetti”, fra cui incendi e pestaggi; e adesso la ‘ndrangheta punta ai lavori per l’Expo 2015.Gli affari delle cosche si allargano verso le imprese dell’edilizia.
Le cosche di stampo mafioso hanno allargato i tentacoli nel Nord d’Italia: Milano è stata ribattezzata seconda capitale della ‘ndrangheta con propaggini nell’hinterland. Tra i comuni sui quali si sono concentrate a più riprese le indagini delle forze dell’ordine ci sono San Giuliano Milanese, San Donato e Mediglia. Sugli affari mafiosi è stato presentato da Sos Impresa un interessante studio martedì a Roma, che sviscera connivenze e business del crimine organizzato dal Sud al Nord senza tralasciare strutture legate all’industria del turismo e del divertimento, seppur l’affare più importante sembra legato all’edilizia. Non è un caso che nella periferia meneghina siano sorte imprese di movimento terra facenti capo a soggetti di origine calabrese. Una proiezione consistente della ‘ndrangheta che ovviamente punta adesso alla massima vetta, i lavori per l’expo di Milano del 2015. Senza contare che già un dato è di per sè eloquente: dopo le regioni del Sud, nell’ordine Sicilia, Campania, Calabria, la regione con il maggior numero di beni confiscati in Italia è la Lombardia. Si tratta di ville confiscate a Buccinasco alle famiglie Sergi-Papalia, di immobili sigillati a Cornaredo al boss Mangeruca e di palazzine appartenute ai Coco-Trovato nella Comasina. La storia del sudmilanese è altrettanto significativa. A San Giuliano qualcuno si ricorderà dei Corleonesi: la loro ombra si è allungata sull’assassinio di Cristoforo Verderame, il 32enne nativo di Gela (Caltanissetta) freddato il 2 ottobre del 1988 davanti alla scuola Enrico Fermi di Borgolombardo con quattro colpi di pistola. Sorvegliato speciale dopo essere finito nei guai nell’ambito delle indagini per alcuni furti e rapine, lasciò un fratello che fu poi arrestato undici anni dopo nell’ambito di una maxi operazione della direzione investigativa antimafia contro la stidda, una costola della mafia siciliana che proprio a Gela aveva la sua “capitale”. A San Donato e a Mediglia, seppur non con episodi di tale fragore, sono stati molteplici i fatti di presunta infiltrazione mafiosa. Un’indagine condotta dalla Dia ha portato alla condanna per associazione mafiosa di gran parte degli indagati, compresi personaggi vicini alla titolarità di agenzie e proprietà nel Lodigiano e a San Donato. Gli inquirenti notarono, a seguito di successivi appostamenti, che diversi incontri si sarebbero tenuti con altri esponenti della criminalità organizzata a San Donato. Ad avere collegamenti con il Lodigiano e il Sudmilano, la nuova criminalità della Barona (un quartiere di Milano), e, non è un caso che si ritenga che il Lodigiano e il Sudmilano siano invasi da capitali della criminalità organizzata impegnati spesso nell’edilizia. Vari altri fatti, spesso molto dubbi, hanno avuto come centro Mediglia: incendi sospetti, avvertimenti e perfino pestaggi di esponenti politici.
Fonte: Il Cittadino
Fonte: Il Cittadino
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