sabato 15 gennaio 2011

Adda, allarme Wwf: «Salute mediocre» - Predatori “alieni”, sbarramenti, scarichi: al tavolo di Provincia, Parco Adda Sud e Comitato Adda Sud riemergono tanti problemi - Dalla Valtellina al Po, ecco tutti i malanni del fiume lodigiano

«La situazione dell’Adda? Mediocre». 

L’amaro giudizio sulla salute del fiume lodigiano arriva da Andrea Agapito del Wwf Italia, che ospite ieri del tavolo di lavoro istituito dalla Provincia, dal parco Adda Sud e dal Comitato Adda Sud ha rivelato i risultati dell’indagine condotta nel maggio scorso assieme alla Fipsas e allo Spinning Club. Un censimento lungo oltre 130 chilometri del corso, dal lago di Como allo sbocco nel Po, per una pagella complessivamente deludente: seppure nella media della classifica sui 30 fiumi italiani censiti «ma nella quale solo il Melva e il Tagliamento stanno veramente bene», la fotografia del fiume segnala pochi punti di forza e molte criticità.Diverse, quest’ultime, a Nord e a Sud, perché se a settentrione la qualità è di volta in volta condizionata dai tanti scarichi (229, come nel 2007), dal forte utilizzo idroelettrico e persino dall’utilizzo delle acque per le nevi artificiali, scendendo verso l’Emilia a incidere provvedono l’agricoltura e, complessivamente, gli sbarramenti. «Sono almeno 17, tanti, perché così i pesci nemmeno ci arrivano al Po», spiega Agapiti, che alle condizioni della fauna ittica dedica molta attenzione: «Da una parte l’Adda conserva alcune specie naturali notevoli, anche grazie al ripopolamento della trota marmorata, ma dall’altro ci sono sempre più razze alloctone, come il siluro: e il rapporto si sta sempre più sbilanciando».Un’altra ombra, intanto, arriva dal consumo del suolo: che tra abitazioni, cantieri fabbriche, capannoni, industrie e impianti sportivi è arrivato a “mangiarsi” quasi 1800 ettari sui 13mila e 811 censiti, ovvero il 12,5 per cento, «che è un consumo alto e sul quale incidono molto le cave», arrivate a occupare quasi 475 ettari.E la qualità dell’acqua? «Mancano ancora i dati ufficiali», risponde Agapito; il quale, al pari degli altri protagonisti del convegno, non esita a indicare nel difficile equilibrio sul “regime idrologico”, ovvero la disputa per l’uso del prezioso “oro blu”, uno dei fattori che più condizionano l’intero ecosistema faunistico e ambientale dell’Adda.I tre enti ispiratori del tavolo, dal canto loro, hanno ascoltato con grande attenzione il rapporto del Wwf, e ora meditano la riscossa. «In questo momento i dati non sono buoni, ma a partire dalla collaborazione con associazioni e comuni dobbiamo riappropriarci di questo grande patrimonio», spiega l’assessore provinciale Elena Maiocchi: «Ciò che è stato fatto finora non è sufficiente - gli fa eco Silverio Gori, presidente del Parco Adda Sud -: rivogliamo le acque come erano 50 anni fa e il verde... anche prima, affinché diventi una risorsa che tutti ci invidino».Le prime mosse? «Definire i criteri chimici, fisici e biologici su cos’è un “buono stato ecologico” – indica Maurizio Lozzi, presidente del Comitato Adda Sud, condividendo la riflessione con Agapiti e chiamando in causa la Regione -: ma serve anche una politica di informazione verso enti e comuni, perché ciò che la Regione pianifica su direttive comunitarie, “scendendo” nella comunicazione, spesso si perde».Fonte: Il Cittadino

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