giovedì 31 marzo 2011

San Giuliano - La chiesa più antica sta cadendo a pezzi - Lo storico Manfrinato esorta enti locali e associazioni a intervenire: crollato il tetto, stanno sparendo reperti e affreschi. Ultimo appello per il tempio altomedioevale di cascina Occhiò

Ultima chiamata per l’oratorio di Occhiò, la chiesa più antica di tutto il Sudmilano: fatta di mattoni romani, vecchia di almeno mille anni, forse più. Cinque anni fa è crollato il tetto e nei prossimi cinque si può scommettere che la stessa sorte attenda tutto il resto. In questo modo svanirebbe in una nuvola di macerie l’edificio di culto che proviene dal più remoto passato, in una zona che comincia a Milano e si inoltra nel Lodigiano lungo la millenaria via Emilia. «La chiesa dei santi Giovanni Evangelista e Paolo in Occhiò ha almeno dieci secoli - traccia il quadro Mauro Manfrinato, ricercatore pavese e studioso di storia dell’arte - in altri termini arriva dall’età altomedievale. Il che significa: era vecchia quando hanno cominciato a costruire Viboldone, lo era anche prima del romanico puro di Calvenzano di Vizzolo Predabissi. E sta crollando nello sfacelo del tetto, dei muri, degli affreschi». Per mettere il complesso rurale in minima sicurezza non si chiede un restauro globale ma qualcosa di più spartano : basterebbe al limite la posa di una copertura, anche un semplice telone, sopra il tetto precipitato nel 2006 e oggi ridotto a un ammasso di travi. «Riprendendo quanto fatto anni fa dall’Associazione culturale Zivido, lancio anch’io un appello alla curia diocesana di Milano, alla Soprintendenza e alle forze più sensibili di San Giuliano, oltretutto adesso che si vota: - continua Manfrinato -. Un intervento minimo è alla portata di chiunque». La stupefacente antichità dell’oratorio emerge da alcuni aspetti certi. «Gran parte dei muri di sostegno è fatta con materiali romani - riprende il giovane studioso -. Un procedimento “in economia” tipico di un’età profondamente decaduta come quella dei secoli dal settimo al decimo. Il criterio è semplice: più si trovano residui romani, più andiamo indietro nel Medioevo. Personalmente suggerisco una datazione minima di Occhiò, cioè la meno antica, fra nono e decimo secolo dopo Cristo». A Occhiò si pestano coi piedi mucchi di laterizi che erano le pareti di una casa romana. Alzando lo sguardo gli stessi mattoni si vedono inglobati come strutture portanti della chiesa. Le mura sono fatte di “embrici”, un primo tipo di mattone romano, e di “manubriati”, i classici blocchi costruttivi massicci con le impugnature. «Gli elementi tondeggianti inseriti qua e là invece sono “sospensori” - spiega ancora Manfrinato - cioè colonnine in laterizio che nelle ville di età imperiale reggevano i pavimenti per permettere la circolazione di acqua riscaldata al di sotto. Da dove arrivano? Dalla villa che sorgeva qui accanto. I campi fra Occhiò e la cascina Montone continuano a restituire avanzi di un insediamento databile sicuramente al terzo/quarto secolo, forse prima». Ma la passeggiata nel tempo, a Occhiò, non è finita con il periplo dei muri. All’interno si vedono stucchi seicenteschi e immagini di santi della stessa epoca, ormai sfregiati dagli agenti atmosferici. Una scritta in latino resiste con le sue parole smangiate ma parzialmente leggibili. «Sono tutte testimonianze delle modifiche avvenute nei secoli - conclude l’autore del nuovo grido d’allarme - qui si è andati avanti a utilizzare l’oratorio, anche per scopi prosaici, fino al 1970. Ma da allora si è stesa la mano del degrado ». Fonte: Il Cittadino

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