martedì 13 settembre 2011

Nucleare mai così insicuro. Nel 2011 il declino dell'atomo

In pochi mesi l'immagine del nucleare sicuro, che decenni di battage pubblicitario avevano presentato come un picco della nostra capacità tecnologica di dominio sulla natura, si è mutata nel suo opposto. Il 2011 è l'anno dell'insicurezza nucleare. A marzo, assieme al disastro di Fukushima, è andata in pezzi la credibilità di uno dei tre paesi leader della fissione. Adesso l'allarme arriva alle porte dell'Italia, nella Francia che ha puntato tutto sull'atomo e si trova di fronte a difficoltà crescenti in un'Europa in cui la Germania guida il salto verso l'energia da fonti rinnovabili. Il bilancio dell'esplosione nel sito nucleare di Marcoule è ancora incerto. La protezione civile si è subito allertata per timore di una fuga radioattiva, poi smentita. Il comunicato dell'autorità francese per la sicurezza nucleare parla di un morto e di 4 feriti nell'incidente: si spera che la situazione non si aggravi. Quello che è certo è che il mito della sicurezza nucleare, che nel 1986 aveva indotto Parigi a oscurare le notizie sulla nube radioattiva proveniente da Cernobyl, non esiste più. L'elenco degli incidenti registrati negli ultimi anni è un flusso preoccupante e, con poco più di 400 reattori in funzione, ci sono stati 3 casi di fusione del nocciolo in 32 anni (Three Mile Island nel 1979, Cernobyl nel 1986, Fukushima nel 2011). Questa situazione, ben diversa da quella dipinta nelle previsioni ufficiali, spiega il cambiamento sempre più netto dell'opinione pubblica, un cambiamento misurabile anche osservando episodi apparentemente minori. Ad esempio l'incidente del 2008 all'impianto di Tricastin (una banale operazione di pulizia di una vasca aveva causato la fuoriuscita di 30 mila litri di acqua radioattiva che si era riversata nei fiumi vicini), ha indotto i viticoltori a una battaglia legale durata due anni per cambiare denominazione al doc della zona, invendibile finché associato a un luogo che era stato contaminato. Anche i mercati hanno messo il timbro sul declino nucleare. Al di là della scivolata del titolo Edf alla notizia dell'esplosione a Marcoule (meno 6 per cento), la percezione della misura del rischio legato al ciclo del nucleare ha cambiato la convenienza degli investimenti sull'atomo. La capacità elettrica del nucleare, a livello globale, è in discesa. E il colosso francese del nucleare, Areva, l'anno scorso è stato declassato da Standard and Poor's passando da A a BBB: aveva perso un buon numero di gare per la costruzione di impianti all'estero e si era intrappolato in un contenzioso legale da più di un miliardo di euro per i ritardi nella costruzione del reattore di Olkiluoto, il primo di una serie annunciata come la base del rilancio nucleare. La ciambella di salvataggio lanciata da Berlusconi con la decisione di acquistare 4 centrali era risultata un elemento troppo isolato per modificare il giudizio di fondo. Ora l'infinito inanellarsi di incidenti spinge a concentrare l'attenzione sullo smantellamento: il governo britannico nel 2007 ha valutato in 125 miliardi di euro il costo del decommisioning del suo obsoleto parco nucleare. Da questo punto di vista l'Italia appare fortunata perché il suo carico di centrali da rottamare è molto ridotto. Può approfittarne per investire le risorse disponibili verso l'energia pulita destinata a dominare i prossimi decenni. Fonte: La Repubblica.it
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