martedì 13 settembre 2011

San Donato - Le emozioni silenziose del “Cristo in croce” di Giuliano Garuti

È un non-finito il “Cristo in croce” di Giuliano Garuti che impreziosisce da qualche tempo la chiesa centrale di San Donato. Per capire meglio quest’opera d’arte bisogna fare un passo indietro: Giuliano Garuti, emiliano di Cento e una vita passata a San Donato, dove un anno fa è prematuramente scomparso, è stato attivo artisticamente sul nostro territorio (nei prossimi giorni, come da box a fianco, gli sarà dedicata una mostra). Questa crocifissione testimonia la profonda spiritualità dell’artista, formatosi a Brera, attivo all’Accademia milanese e intraprendente organizzatore dell’associazione Arti e Mestieri a San Donato. Un non-finito, si diceva. In effetti il «Cristo in croce», scultura in legno che sfrutta la nodosità e le venature del pioppo, appare poco più che abbozzata: non si tratta di una svista o di mancanza di tempo. L’accenno al volto, sofferente, di Cristo, e il busto accennato che si staglia come un’ombra sullo sfondo sono stati voluti dall’artista fin dalla progettazione dell’opera. Sono evidenti i riferimenti alle crocifissioni che hanno segnato la storia dell’arte di cui la Pietà Rondanini, conservata al Castello Sforzesco e campione del non-finito in scultura, è forse la più nota. Il Cristo di Garuti è un Gesù in croce quasi consumato nel legno, eppure solido. La luce che arriva dalle finestre presso il fonte battesimale della chiesa di San Donato, dov’è collocata la scultura da qualche mese, favorisce il gioco di ombre sul materiale utilizzato, un legno di pioppo impreziosito dalla patina di cera (un procedimento, questo, messo in atto da Gianfranco Pallotta, amico dello scultore). È un Cristo dolente e umano, quello ritratto da Giuliano Garuti: le nervature del legno, la figura sottile e eppure solida come il materiale utilizzato, ci restituiscono una riflessione non banale sul mistero della crocifissione e il sacrificio di Gesù. Il Cristo intagliato da Garuti con abile maestria è un Cristo personale e profondamente umano: posto a suggello del fonte battesimale (l’alpha e l’omèga della vita) appare ancora più significativo. Curiosa, poi, la storia che ha condotto alla sua locazione: l’opera non era stata pensata per un’esposizione pubblica, ma scolpita da Garuti su commissione. Non fu però accettata per la sua incompiutezza, una caratteristica che Garuti non ha inteso mutare perché costituiva l’essenza stessa del suo progetto: lo scultore sandonatese decise poi, poco prima della sua scomparsa, di donare la sua creatura alla chiesa centrale di San Donato, con grande piacere del parroco, don Alberto Barlassina, e dei fedeli. Oggi resta come emozionante immagine di un Cristo sofferente ma indomito, e un bel ricordo di un artista locale che tanto ha fatto per la diffusione dell’arte - intesa come creazione artigianale - sul territorio.Fonte: Il Cittadino
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