Se il comune decide che un’area storicamente agricola deve diventare
residenziale, può impedire all’agricoltore di ristrutturare la stalla
per proseguire la storica attività di famiglia: lo ha confermato la
seconda sezione del Tar di Milano, ponendo fine a una battaglia legale
iniziata quasi due anni fa, quando l’ufficio tecnico aveva ordinato la
demolizione di alcuni muri innalzati in una stalla.
Secondo i giudici
amministrativi, l'ordinanza è legittima, e il ricorso presentato dalla
proprietaria è stato respinto.La stalla, un tempo, ospitava vacche da
latte. La proprietaria, A. R., nel 2003 aveva effettuato dei lavori per
rendere la struttura idonea all’allevamento dei cavalli, ma nel 2010
l’amministrazione comunale aveva contestato la circostanza che fin dal
2002 la zona è classificata come “residenziale B1 di completamento”,
soggetta a piani di recupero. In realtà, la destinazione residenziale
era stata adottata dal consiglio comunale nell'ottobre del 2002, ma
approvata in via definitiva solo nel marzo del 2004.All’inizio del 2003,
però, il comune di Crespiatica aveva già ordinato la sospensione dei
lavori, contestando che un muro e i tramezzi per separare i box dei
cavalli sarebbero stati incompatibili con la nuova destinazione
residenziale. La questione era rimasta in sospeso fino all'estate del
2010, quando dal municipio era partita una nuova ordinanza, questa volta
di demolizione, con preavviso di acquisizione gratuita al patrimonio
comunale delle strutture realizzate in assenza di titolo abilitativo,
qualora la demolizione non venisse effettuata. Da qui il ricorso al Tar
presentato dalla proprietaria, che ha ricordato anche che sua madre era
già stata giudicata per l'ipotesi di abuso edilizio, dal tribunale di
Lodi, ed era stata assolta “perché il fatto non sussiste”.Secondo il
Tar, però, la sentenza penale aveva ritenuto che le opere fossero
soggette al più semplice regime dell'autorizzazione, secondo il comune,
invece, era richiesta la concessione edilizia, e, comunque, le sentenze
penali non vincolano le decisioni della giustizia amministrativa. La
proprietaria ha segnalato al Tar anche la “notevole confusione
urbanistica della zona”: a questa argomentazione, il tribunale
amministrativo ha però replicato che questo aspetto avrebbe dovuto
essere impugnato in sede di osservazioni al piano regolatore, mentre
quando è scattata l’ordinanza le norme urbanistiche erano già pienamente
vigenti.Fonte: Il Cittadino