giovedì 16 febbraio 2012

La “patacca” di Rai Uno con l’improbabile brigante

Se Rai Uno voleva presentare una puntata della serie Beautifull, poteva farlo, senza scomodare Carmine Crocco, il brigantaggio, il risorgimento e l’unità d’Italia. Le due puntate dello sceneggiato si sono risolte in un inanellarsi di storie d’amore, di corna e di riappacificazioni dove i buoni sentimenti, alla fine, l’hanno avuta vinta. Ma cosa c’entra la storia? Questo povero nostro Paese avrebbe bisogno di filmati onesti per sapere e per capire e si ritrova dei polpettoni che, piuttosto, aumentano la confusione. Certo, il Carmine Crocco che entra a Potenza, alla testa dei garibaldini, per proclamare l’indipendenza, dovevano risparmiarselo. E il battesimo della figlia – “Libera” – avvolta nel tricolore è un altro dettaglio che, per pudore, poteva essere evitato. La vera – clamorosa – menzogna è consistita nel presentare il brigantaggio come preesistente all’unità d’Italia e inserire Carmine Crocco in una banda di fuorilegge che, solo eccezionalmente e solo per un momento, hanno accettato di indossare la casacca della politica. Niente di più falso. Crocco, prima di Garibaldi, non viveva alla macchia e quando capeggiò una banda di rivoltosi lo fece per difendere la propria terra dai piemontesi che l’avevano invasa. Dopo…avvenne dopo… Lo seguirono in mille e altre decine di migliaia lottarono – e morirono – perché volevano governare il loro presente e decidere il loro futuro. L’argomento non è semplice. Difficile condensare in una pellicola le vicende (anche complesse) che hanno portato una classe dirigente ad abbandonare il Borbone per schierarsi con i Savoia. Difficile spiegare che chi voleva la repubblica si è ritrovato una monarchia, anche abbastanza ottusa. Difficile dare conto di una popolazione che, inizialmente, ha anche parteggiato per Garibaldi che prometteva “la terra ai contadini” ma che, da subito, ha compreso che “si stava meglio quando si stava peggio”. Gli sceneggiatori di Rai Uno hanno risolto le questioni evitandole e si sono rifugiati nei buoni sentimenti degli innamorati, convinti che l’amore trionfa. Mostrare – per esempio – una rappresaglia piemontese (una delle tante che hanno martoriato il Meridione) poteva disturbare i telespettatori della prima serata. Ma un approfondimento – anche cinematografico – di quei tempi e di quelle vicende non è impossibile. I “Briganti” di Pasquale Squitieri sono uno splendido esempio di trama avvincente, coerenza storica e onestà intellettuale. Il che spiega perchè quella pellicola è stata boicottata e, per vederla, occorre procurarsela “en clandestine”. Fonte:ALTRORISORGIMENTO – lorenzo del boca

La storia de “Il Generale dei Briganti” è lontana parente della realtà dei fatti accaduti, comprime il sentimento popolare del Sud (ancora vivo) vissuto durante l’invasione piemontese e umilia la figura coraggiosa della regina Maria Sofia. Non contempla quella del Generale Cialdini (gravissimo!) che perseguitò le popolazioni del Sud con poteri speciali conferitigli da Vittorio Emanuele II dopo aver raso al suolo Gaeta incurante della resa borbonica. Dimentica la figura del Generale Borjés con cui lo stesso Crocco avrebbe potuto forse scacciare i piemontesi, quindi dimenticando anche i veri errori del personaggio. E trasforma il dramma di una vera e propria pulizia etnica (circa un  milioni di morti meridionali stanno troppo stretti nella sola frase “ll’unità d’Italia l’avita fatta co’ ‘o sanghe nuosto”) in un intrigo amoroso. Ma almeno lo sceneggiato Rai un merito ce l’ha ed è quello di comunicare il tradimento pur senza ben spiegarlo: quello ai danni del protagonista; quello ai danni delle popolazioni del Sud; quello ai danni dei liberali che sognavano una Repubblica e si ritrovarono con una monarchia sostituita ad un’altra; quello ai danni di una delle monarchie per mano di un’altra cospiratrice e meschina che di quei tradimenti fu responsabile. Voglio considerarlo però un punto di partenza non per la TV di Stato ma per i suoi telespettatori che magari da questa produzione arriveranno da soli a vedere “Li chiamarono briganti” di Squitieri (film intero sotto) che fece nel 1999 una brevissima apparizione nelle sale cinematografiche nonostante un cast di prim’ordine (Enrico Lo Verso, Claudia Cardinale, Giorgio Albertazzi, Franco Nero, Remo Girone, Carlo Croccolo, Lina Sastri). Quel film, pur nel suo scarso spessore recitativo, fotografa Crocco, Ninco Nanco e i briganti come partigiani dell’epoca per scelta mentre le truppe piemontesi come invasori; dipinge i connotati di Enrico Cialdini e racconta i fatti con forte carica emotiva; contestualizza tutto al periodo post-unitario; racconta la verità e per questo, dopo forti critiche, fu mandato repentinamente a “censura”. Perchè mai ora, in tempi di festeggiamenti appena conclusi, si sarebbe dovuto/potuto raccontare il brigantaggio per quello che è stato? Fonte: il blog di Angelo Forgione – Movimento V.A.N.T.O.

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