sabato 3 marzo 2012

Il Lodigiano boccia l’“oro nero”

«Abbiamo già dovuto reinventarci come produttori di energia pulita. Ora forse diventeremo petrolieri?». È la voce, già turbata, di chi non guarda ai campi del Lodigiano come alle distese sabbiose del Kuwait da cui veder spuntare zampilli di oro nero, quanto piuttosto a miniere di prodotti a chilometro zero, patrimonio agricolo da preservare.
Preoccupate le associazioni di categoria del settore agricolo davanti alla possibilità che, qui, nel cuore della Pianura padana, arrivino trivelle e pozzi, diretti alle viscere della terra a caccia di petrolio. A destare scalpore, e molte perplessità, è la richiesta di assoggettabilità a Via, Verifica di impatto ambientale, presentata agli uffici della Regione Lombardia dalla Mac Oil spa, società americana fondata nel 2007 per la ricerca di idrocarburi liquidi o gassosi, in Nord America come in Europa. Società che ha già messo gli occhi sulle zone dell’Insubria, una quarantina di comuni compresi tra le province di Como e Varese, e dell’Emilia Romagna, con una richiesta avanzata per i territori tra le province di Parma e Piacenza. «Il progresso deve andare avanti, ma quest’operazione è l’ennesima invasione - denuncia Luigi Curti, direttore di Confagricoltura di Milano e Lodi - : dobbiamo capire bene cosa vogliono fare, quali ripercussioni potrebbero esserci per i nostri campi, ma anche per le nostre falde, che impatto avrebbe una simile iniziativa sulle nostre attività. Le imprese del settore, su cui già gravano pesanti difficoltà dovute alla crisi, potrebbe vivere ulteriori disagi dovuti per esempio al passaggio di mezzi per le indagini sul sottosuolo». Che il Lodigiano sia ormai “terra di conquista” è opinione di Carlo Franciosi, presidente Coldiretti di Milano e Lodi. «Sono già molto deluso dallo scempio che è stato fatto di questo territorio con strade, rotonde e capannoni - ha detto Franciosi - : davanti alla certezza della presenza di giacimenti sarebbe giusto intervenire, ma così, forse, sarebbe solo un ulteriore danno». I sindaci dei comuni coinvolti sulla carta, nel progetto protocollato con il nome di “San Grato” (tra gli altri Abbadia Cerreto, Boffalora d’Adda, Borgo San Giovanni, Casaletto Lodigiano, Caselle Lurani, Castiraga Vidardo, Cerro al Lambro, Corte Palasio, Crespiatica, Dovera, Galgagnano, Lodi, Lodi Vecchio, Montanaso Lombardo, Pandino, Salerano sul Lambro, San Zenone, Sordio, Spino d’Adda, Tavazzano con Villavesco, Valera Fratta e Zelo Buon Persico), sono per lo più all’oscuro, ma qualcuno già si dice scettico. «Non abbiamo richieste e non sappiamo di cosa si tratta - ha detto Giancarlo Cordoni di Lodi Vecchio - , ma a caldo posso dire che il Lodigiano non credo abbia bisogno di questo. Avremo a breve un deposito di stoccaggio del gas a Cornegliano e come comuni stiamo puntando su rinnovabili e biogas». Anacronistico pensare ancora al petrolio. «Tutta l’Italia sta andando da un’altra parte, verso le fonti rinnovabili, e quindi abbiamo scoperto con una certa sorpresa di questa richiesta - ha commentato Luca Ferrari di Montanaso - : verificheremo con attenzione tutto l’iter per cercare di capire se è compatibile. Di certo, non abbiamo alcuna smania di veder realizzato questo progetto». Vigile anche Nicola Buonsante, primo cittadino di Borgo San Giovanni, che però apre con serenità alle indagini. «Sulle verifiche non ci sono problemi - ha detto ieri - : certo, in presenza di esiti positivi, andranno valutate tutte le conseguenze del caso».Fonte: Il Cittadino
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