venerdì 13 aprile 2012

San Donato - Colate di cemento oltre i limiti: «Basta con il consumo di suolo»

Una serata per parlare di suolo, dell’importanza di tutelarlo e delle strategie per difenderlo. Si è svolta a cascina Roma la prima serata della rassegna “È una questione di stile... di vita!”, organizzata dal gruppo d’acquisto Equogas e giunta quest’anno alla terza edizione, dal titolo “Il suolo: un bene in via di estinzione?”
. Il professor Pileri, del Politecnico di Milano, ha messo in luce come sia solo il 5 per cento la percentuale di superficie terrestre sfruttabile a fini agricoli, illustrando il fondamentale ruolo che tale ristretta fetta di terreno ricopre: «Il suolo è l’unica risorsa che trasforma i rifiuti in vita, trasformando materiale inutile in alimento per i vegetali: i microrganismi che lo abitano sono il motore biologico della Terra. È allarmante constatare come, nella sola Lombardia, 12 ettari di area agricola vengano urbanizzati ogni giorno. Il suolo cementificato è suolo che, tra le altre cose, non trattiene anidride carbonica, aumentando così drammaticamente le emissioni». Stringendo sul contesto più squisitamente locale, ha mostrato che «la percentuale di urbanizzazione di San Donato è del 45 per cento, oltre la soglia critica del 35». Vincenzo Vasciaveo, coordinatore del Distretto di economia solidale e rurale del Parco agricolo Sud Milano, ha posto l’accento sulla situazione del Parco sud, un «ferro di cavallo di 47mila ettari che sta sotto la pancia di Milano: il più grande territorio agricolo d’Europa, con al centro la città meneghina che è il secondo comune agricolo del vecchio continente. Quando il parco è stato costituito, nel 1990, erano presenti sull’area 1400 aziende agricole, oggi vengono stimate 900-1000, non tutte produttive. Solo nel 2009, 70 sono state costrette a chiudere». Per tutelare il territorio e contribuire alla costruzione di forme di economia più solidale nei confronti dei produttori e della natura, ha sostenuto l’importanza di «difendere l’agricoltura del futuro contro quella del passato, intensiva, basata sull’uso di prodotti chimici. Il Parco sud è ancora legato a questo modello: bisogna creare la domanda adeguata perché avvenga, man mano, la conversione dei produttori ad una agricoltura del futuro, basata su piccole aziende agricole, finalizzata al consumo locale, libera da prodotti di sintesi chimica, né idrovora né energivora, deglobalizzata e demercificata: un’agricoltura che presidia e difende il territorio».Fonte: Il Cittadino
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