Il nuovo piano faunistico venatorio della provincia di Milano mette
l’accento sulle peculiarità del territorio di San Colombano
riconoscendolo come area a sé stante e ambito territoriale di caccia
autonomo, e soprattutto salva l’Oasi collinare protetta, da oltre 60
anni spazio chiuso alla caccia in area Malpensata, al confine con la
strada provinciale “234” e il Pavese.Venerdì scorso la Provincia di
Milano ha pubblicato il documento di piano del nuovo piano faunistico
venatorio, che era atteso da qualche anno. La novità più rilevante è la
soppressione di uno degli ambiti in cui era in precedenza divisa: da tre
si passa a due e lo si fa sulla base della normativa superiore che
indica i requisiti da utilizzare nell’individuazione degli ambiti
territoriali di caccia. Due sono stati i criteri seguiti, quello
dell’appartenenza a comprensori omogenei e quello di configurare gli
ambiti «secondo confini facilmente individuabili sul territorio». Su
questa base è stato individuato un grande ambito territoriale di caccia
comprensorio della pianura milanese, in pratica tutta la provincia, e
poi l’ambito di caccia comprensorio della collina di San Colombano, la
parte di provincia di Milano del territorio di San Colombano, enclave
milanese stretta tra le province di Lodi e di Pavia. L’ambito di caccia
di San Colombano non è stato toccato dunque, e questo consentirà una
notevole dose di autonomia ai cacciatori banini. La nuova zona di
ripopolamento e cattura è costituita da tre piccoli nuclei posti sulla
riva orientale del Lambro e uno, di dimensioni più consistenti, sulla
sponda occidentale del fiume. «Si tratta di aree ad elevato pregio
naturalistico per la presenza di ambienti molto diversificati» e in
particolare l’ambiente delle rive del Lambro, si legge nel documento,
«costituisce di per sé una zona umida di evidente importanza per il
naturale sviluppo della fauna selvatica». Non sono previste zone di
ripopolamento e cattura in collina.Soprattutto, però, è stata mantenuta
senza modifiche rispetto al passato l’Oasi protetta collinare, istituita
nel dopoguerra e da allora mai toccata. Nel 2005 ci fu un tentativo di
renderla zona di caccia, sebbene zona a ripopolamento e cattura, ma in
quell’occasione si formò un gruppo spontaneo di cittadini contrari
all’iniziativa, base di quella che poi diventò l’associazione Picchio
Verde. L’anno scorso i vertici dell’ambito territoriale di caccia banino
avevano chiesto di nuovo la trasformazione dell’area sollevando di
nuovo le proteste degli ambientalisti e trovando forti contrarietà anche
nella stessa base dei cacciatori. Il Picchio Verde si era mobilitato
con una nuova raccolta firme contro l’abolizione dell’oasi o il suo
spostamento, raccogliendo oltre 2 mila firme. Proprio la raccolta firme e
la contrarietà della base avevano spinto i vertici dei cacciatori
banini a non insistere nel progetto, che oggi è ufficialmente defunto.
L’oasi continua a vivere.Fonte: Il Cittadino
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